Birmania, 80mila morti solo a Labutta

A sei giorni dal disastroso passaggio del ciclone Nargis sul Myanmar, circa 5mila chilometri quadrati di territorio rimangono sommersi nel delta del fiume Irrawaddy, l’area più colpita dalla furia degli elementi che si estende nel sud-ovest dell’ex Birmania. Primo volo di aiuti Onu partito da Brindisi

Birmania, 80mila morti solo a Labutta

Rangoon - A sei giorni dal disastroso passaggio del ciclone Nargis sul Myanmar, circa 5mila chilometri quadrati di territorio rimangono sommersi nel delta del fiume Irrawaddy, l’area più colpita dalla furia degli elementi che si estende nel sud-ovest dell’ex Birmania. Proprio in questa zona, stando ad alcune fonti vicine ai militari locali, sarebbero morte almeno 80mila persone.

Bilancio catastrofico Centomila morti. Questo potrebbe essere il bilancio catastrofico del ciclone Nargis che ha devastato la Birmania li scorso fine settimana. La cifra, paragonabile a quelle dello tsunami del 2004, è stata avanzata da fonti diplomatiche americane a Rangoon. Ma la cifra potrebbe anche crescere. "Allo stato attuale il bilancio nei villaggi di Labutta è di circa 80mila morti", ha spiegato Tin Win, capo di uno dei distretti di Labutta, situata nel cuore del delta meridionale dell’Irrawaddy, devastato dal ciclone nell’ultimo fine settimana. Win ha aggiunto che, dei 63 villaggi che circondano Labutta, alcune decine sono stati spazzati via dalla forza di Nargis. Nessun responsabile governativo è raggiungibile per confermare questo bilancio. Intanto, di fronte agli ostacoli che la giunta militare al potere nel Paese asiatico frappone all’arrivo dei soccorritori stranieri, il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è diviso e non ha accetto la proposta della Francia, che aveva chiesto una riunione per valutare se ricorrere a una risoluzione basata sul principio dell'ingerenza umanitaria. Solo oggi pomeriggio da Brindisi è partito per Rangoon un primo aereo dell’Onu, dopo ore di attesa di un via libera definitivo. Il bilancio delle vittime fornito dalle autorità birmane è fermo a circa 22.500 morti, ma ancora prima della cifra data dai diplomatici americani, l’Onu aveva avvertito che il bilancio potrebbe aumentare in misura "molto significativa". Andrew Kirkwood, direttore per la Birmania di Save the Children, ha detto che "ci sono 41mila dispersi, ma in tanti pensano che la maggior parte di queste persone siano morte". Secondo l’organizzazione, che ha in Birmania circa 500 operatori, circa il 40% dei dispersi sono bambini. Kirkwood ha aggiunto che la sua organizzazione ha raccolto informazioni "terribili" riguardo il Delta dell’Irrawaddy. "Una equipe ha visto migliaia di morti in una località con mucchi di corpi in decomposizione dopo il ritiro delle acque".

Una zona ancora coperta dall'acqua Nella zona del Delta, una delle maggiormente colpite dal ciclone e soprattutto dalle onde alte fino a tre metri e mezzo alzate dal vento, più 5mila km quadrati - quasi quanto la Liguria - sono ancora sott’acqua. "Stimiamo fino a un milione le persone al momento senzatetto e bisognose di immediata assistenza", ha detto Richard Horsey, portavoce dell’ufficio dell’Onu per il Coordinamento degli affari umanitari, nel corso di un incontro a Bangkok sull’emergenza umanitaria. A sud di Rangoon, la ex capitale ribattezzata Yangon dai militari secondo Medici senza Frontiere "le zone di Daala e di Twantey, che hanno quasi 300mila abitanti, sono distrutte per più dell’80% e certi posti sono sotto un metro di acqua". In un comunicato a Ginevra, Msf ha detto che in queste zone la popolazione si è radunata spontaneamente attorno ai numerosi monasteri - i bonzi buddisti si sono da subito prodigati a soccorrere la popolazione, nella latitanza delle forze di sicurezza - e alle scuole, senza cibo né acqua potabile. In questa situazione da incubo, i militari frappongono ancora ostacoli all’arrivo dei soccorsi internazionali, nell’ossessione di impedire ogni possibile smagliatura nel controllo ferreo che esercitano da decenni su questo paese poverissimo.

Autorizzati gli aiuti umanitari Grazie alla mediazione della cofinante Thailandia, la giunta del Myanmar ha autorizzato l’Aviazione degli Stati Uniti a effettuare voli speciali nell’ex Birmania per portare aiuti umanitari alla popolazione, colpita dal devastante passaggio del ciclone Nargis, sabato scorso. Ad annunciarlo il generale Boonsrang Niumpradit, capo dello stato maggiore interforze thailandese, a margine dell’esercitazione militare congiunta che le forze di Bangkok stanno effettuando insieme a quelle statunitensi, denominata in codice "Cobra Gold". "Abbiamo aiutato gli americani a contattare il governo del Myanmar perchè ai loro aerei, partecipanti alle attuali manovre Cobra Gold, fosse consentito portare soccorsi umanitari in quel Paese", ha ricostruito il generale. "I birmani hanno appena accettato", ha precisato. Fonti dell’ambasciata Usa in Thailandia hanno confermato il via libera ricevuto dal regime dell’ex Birmania. Ieri invece la Casa Bianca aveva denunciato che da parte della giunta non era ancora arrivata alcuna risposta all’offerta di assistenza rivoltale da Washington; e lo stesso segretario di Stato, Condoleezza Rice, aveva esortato gli interlocutori ad aprire i cnfini, sottolineando come quella dell’afflusso dei soccorsi «non sia una questione politica, bensì una crisi umanitaria".

Primo volo Onu da Brindisi È arrivato oggi invece il primo volo umanitario delle Nazioni Unite con aiuti di emergenza destinati alla popolazione: si tratta di un C-130 decollato da Brindisi, con a bordo 25 tonnellate di generi di prima necessità. Nel darne l’annuncio il Pam, il Programma alimentare mondiale, ha precisato che il ponte aereo «è stato organizzato dal ministero degli Esteri italiano».

In attesa di raggiungere il Paese asiatico restano tuttavia altri tre velivoli noleggiati dall’agenzia Onu, fermi a Bangkok, Dacca e Dubai. Il problema nasce dalla mancata concessione del permesso di atterraggio da parte del regime birmano, che non avrebbe indicato motivazioni per il ritardo.

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