«Bizantinismi» e scandali romani

Mi pare che a questo punto - con la prima pagina dell’8 gennaio 1976 dedicata alle dimissioni del governo Moro - sia opportuno un piccolo ripasso. Lo impongono i bizantinismi e i contorcimenti della politica romana, accompagnati dal solito rumoreggiare di scandali.
Dunque. Aldo Moro aveva presieduto un esecutivo appoggiato dai socialisti: che tuttavia il 7 gennaio gli tolsero la fiducia. La crisi fu confusa e il suo epilogo interlocutorio. Moro, confermato a Palazzo Chigi, ripiegò su un monocolore democristiano nel quale Francesco Cossiga entrò come ministro dell’Interno. Gli editoriali di Montanelli - «Fra toppa e tappo», «Il Piave mancato» , «In ordine sparso» - riflettevano le ambiguità della situazione e insieme l’irritazione di chi, come osservatore, era costretto a seguirla.
Saliva intanto, e lambiva i palazzi del potere - incluso il più alto e solenne - il fango della corruzione. In particolare il fango dell’affare Lockheed, derivante da una vendita di aerei Hercules all’Italia e dalle tangenti che l’industria americana avrebbe pagato.

Esortato da molti lettori a prendere posizione, Indro fu d’una esemplare cautela. Spiegò d’aver disposto che la cronaca dei fatti fosse esauriente e implacabile. Però aggiunse: «Ma da questo a pronunciar condanne e ad associarci a linciaggi c’è un salto troppo lungo per le nostre gambe».

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