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Il bluff della lista Anemone: nessun indagato

Lo "scoop" a orologeria sulla cricca. Il presidente del Consiglio di Stato, De Lise: "Quei 250mila euro? È una casa, chiarirò. Sono indignato". Ghedini: "È stato violata la riservatezza di quel fascicolo senza riscontri solamente per infangare il Cavaliere"

Il bluff della lista Anemone: nessun indagato

Roma La tempistica della diffu­sione della «nuova lista» di clienti del costruttore Diego Anemone trapelata dalla Pro­cura di Perugia desta qualche sospetto considerato il delica­to momento politico e la com­parsa di un nome: Berlusconi. Il clamore mediatico è infatti inversamente proporzionale agli effettivi sviluppi dell’in­chiesta perugina. Nel registro degli indagati non ci sono nuo­v­i iscritti. I pubblici ministeri ti­tolari dell’­inchiesta sugli appal­ti collegati ai grandi eventi, Ser­gio Sottani e Alessia Tavarnesi, sono ancora in pausa estiva e torneranno al lavoro la prossi­ma settimana. Questa coincidenza ha irrita­to non poco il deputato non­ché difensore del premier Nic­colò Ghedini. «Come sempre vengono pubblicate notizie, coperte da segreto di indagine e senza alcun riscontro al solo scopo di diffamare il presiden­te Berlusconi», ha dichiarato sottolineando come l’elenco prelevato dal computer del commercialista Stefano Gazza­ni «non rappresenta alcun ele­mento di novità». Secondo il penalista, infatti, «come per la precedente lista si tratta di alcuni modesti lavo­ri di manutenzione eseguiti dalla ditta Anemone». Si tratta quindi di «una riproposizione dei lavori che nella prima era­no indicati con la dicitura Pa­lazzo Grazioli» e che riguarda­vano ristrutturazioni ordinate da Forza Italia «quale adegua­mento di alcuni locali utilizzati a Palazzo Grazioli dal partito». Sarebbe stato sufficiente «un modesto approfondimento», conclude Ghedini, per rilevare come il prezzo dei lavori sia sta­to «regolarmente fatturato e re­golarmente pagato» senza «lanciare sulle prime pagine dei giornali una notizia del tut­to infondata ». Il lavoro istrutto­rio, infatti, è ancora in una fase iniziale. Nella nuova lista sono indicate vie e lavori, ma non c’è alcun importo. È finito nel tritacarne media­tico- giudiziario anche il presi­dente del Consiglio di Stato, Pa­squale De Lise. La Guardia di Finanza del capoluogo umbro sta indagando su un versamen­to­da 250mila euro sul suo con­to nel luglio 2009. All’epoca De Lise era presidente del Tar del Lazio, competente per i ricorsi su alcuni appalti pubblici, mentre il genero,l’avvocato Pa­trizio Leozappa, era in rappor­ti con uno degli indagati, l’ex presidente del Consiglio supe­riore dei Lavori pubblici. La replica di De Lise non si è fatta attendere. L’assegno cir­colare non trasferibile «emes­so in data 30 giugno 2009 da Unicredit Banca di Roma» a fa­vore di De Lise è stato diretta­mente «versato in data 16 lu­glio 2009 sul proprio conto cor­rente presso Banca Fideuram» e «costituisce parte del prezzo della compravendita di un im­mobile, sito in Orbetello di pro­prietà del de Lise fin dai primi anni ’70». La restante parte è stata corrisposta con altri asse­gni circolari non trasferibili». La compravendita è avvenuta a favore di Maria Chiara Scoca, figlia dell’avvocato Franco Sco­ca che ne ha pagato in parte il prezzo «a titolo di liberalità».

De Lise ha usato le stesse pa­role di Ghedini: «Andrò io a chiarire ai magistrati la miapo­sizione, sono tranquillissimo ma al tempo stesso indignato per questa campagna mediati­ca: prima di sbattere il mostro in prima pagina non ci si pote­va informare?». I sospetti sulla tempistica avanzati dal difen­so­re del premier trovano un’al­tra conferma: il momento poli­tico è caldo, mentre i primi filo­ni dell’inchiesta perugina po­trebbero essere chiusi solo in autunno.

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