Bluff del Pd: annunci, la mobilitazione non parte

Neanche l’ombra della campagna di massa d’autunno lanciata da Bersani. Il segretario accerchiato: "Basta guardarci la punta delle scarpe tra noi". Dopo Veltroni va all'attacco Franceschini: mozione anti Cav con Udc e Idv

Bluff del Pd: annunci, la mobilitazione non parte

Roma Ci si sta lavorando, giurano ai piani alti del Pd, si sta organizzando, sia pur in silenzio. D’altronde, tecnicamente, «l’autunno non è ancora cominciato». E l’appuntamento era stato dato per l’autunno, «tra settembre e ottobre».

Settembre è quasi finito, ma niente paura: prima o poi il «porta a porta» di massa, «la più grande mobilitazione che un partito abbia mai promosso», per «raggiungere casa per casa il più alto numero di italian e lanciare la nostra proposta di governo», promessa ad agosto da Pier Luigi Bersani, si farà. E, come giurava Rosy Bindi, «questa campagna sarà la nostra forza, spiegheremo al paese cosa sta veramente accadendo».

Per il momento, però, i dirigenti del Pd sono impegnati soprattutto a spiegarsi l’un l’altro cosa non va nel partito, con Bersani che - accerchiato da più fronti e messo in discussione come futuro candidato premier - avverte: «Non accetterò che ci guardiamo la punta delle scarpe tra di noi: queste scarpe ci servono per camminare».

Ieri il segretario ha registrato la preoccupante (per lui) convergenza tra Walter Veltroni e Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino che non nasconde di sentirsi in corsa come possibile leader nazionale, e invita a «congelare» la norma statutaria del Pd che indica il segretario come candidato premier. I due, ieri, erano seduti l’uno a fianco dell’altro, immersi in fitti conciliaboli, nella platea del convegno liberal di Orvieto; e hanno preso la parola l’uno dopo l’altro. Veltroni - messe sul tavolo le 75 firme al suo documento - ha usato toni morbidi, assicurando che il Pd «può discutere, ma è e sarà sempre unito». Ma ha anche aperto una sorta di gara interna a chi è più duramente contro Berlusconi. «È inaccettabile la compravendita di parlamentari da parte del premier», ha denunciato, «bisogna reagire». E giù la ricetta, cui il segretario dovrebbe accodarsi: «Suggerisco l’idea di una conferenza stampa o di una iniziativa in cui il segretario, insieme a tutti gli esponenti di spicco, denunci questa inaccettabile presa in giro». Comprensibile l’irritazione di Bersani, che da giorni denuncia la «compravendita vergognosa» da parte del Pdl. Veltroni ha anche sposato la richiesta di Arturo Parisi, che ieri ha chiesto formalmente a Bersani di presentare una mozione di sfiducia al governo. Giusto, approva l’ex leader Pd, «non possiamo aspettare che Berlusconi decida i modi e i tempi trasformando definitivamente la crisi della maggioranza in crisi della democrazia». Il segretario non può tirarsi indietro, e dice che, certo, la mozione potrebbe essere «una iniziativa possibile e utile, perché che Berlusconi debba andare a casa non c’è dubbio al mondo».

A far comprendere che però, nel Pd, la confusione regna sovrana e ognuno va per contro proprio arriva il capogruppo Dario Franceschini, che fa sapere di aver già contattato Casini e Di Pietro per preparare una mozione di sfiducia di tutte le opposizioni. Non al governo nel suo insieme, però, bensì al solo Berlusconi «come ministro dello Sviluppo economico». Una iniziativa, fa dire Franceschini al suo ufficio stampa, che già da giorni era allo studio dell’ufficio di presidenza del gruppo Pd. Ben prima che Veltroni si svegliasse, è sottinteso.

Immediatamente spunta però anche Di Pietro, che - dopo aver liquidato il Pd come «partito in via di decomposizione» - rivendica la primogenitura di ogni possibile sfiducia: «La mozione l’avevamo già presentata noi, poi, ogni volta, c’è qualcuno che la presenta... Bene, dico, fate voi, ma mettiamola subito all’ordine del giorno».

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