La parola chiave è una: impressione. E il problema è che si forma troppo in fretta: sette secondi, e leventuale datore di lavoro ti ha già scrutato, registrato e archiviato. Nella sua testa, sei quello (o quella) lì: col pantalone un po spiegazzato, i capelli fuori posto, gli orecchini improbabili. E, a quel punto, non cè quasi più nulla da fare. Niente ciak, si rigira: hai solo una chance e giocarla bene non dipende soltanto da quanto sei preparato e capace. «Ci sono ragazzi laureati a pieni voti, con esperienze allestero e master alle spalle che, quando vanno al colloquio, non funzionano» racconta Cinzia Felicetti, ex direttrice di Cosmopolitan e ora scrittrice a tempo pieno (i suoi libri sono pubblicati da Sperling & Kupfer). Lei è unesperta: per questo luniversità Bocconi di Milano lha chiamata a tenere il corso Dress to impress (ovvero «Vestiti per fare colpo») per la Sda, Scuola di direzione aziendale. Insomma insegnare ai ventenni che studiano Business administration come presentarsi a un colloquio, nella speranza di fare buona impressione. E, in prospettiva, anche per la carriera. «È come il packaging di un prodotto» spiega Felicetti. Non conta soltanto linvolucro, ma serve. «Anche perché - nota - una volta che è a posto, ci si può concentrare solo sul contenuto». Ecco i suoi consigli per sfruttare al meglio quei sette, irripetibili secondi.
Il messaggio
Laspetto deve comunicare «un senso di affidabilità e sicurezza». Tutto, quindi, devessere curato: «Se uno cura sé stesso, dà limpressione di mettere la stessa attenzione anche sul lavoro». Certo cè stata lepoca del casual friday style, labbigliamento meno formale del venerdì («ma solo pochi, come Sergio Marchionne, possono permetterselo» avverte Felicetti), e quella della new economy, con uno stile meno incline a regole rigide. Ma, almeno allinizio, meglio non rischiare. Quindi: camicia perfettamente stirata, bottoni ben saldi al loro posto (senza fili penzolanti), poche concessioni alla stravaganza.
Lorologio
«Larchitetto Mies Van der Rohe diceva che Dio è nei dettagli: lorologio è uno di quelli che, soprattutto per luomo, è fondamentale». È il modo in cui amministri il tuo tempo: deve essere autorevole. «Ci sono uomini che si ostinano a portare quelli digitali, o con cinturini appariscenti: sembrano quelli delle patatine».
Le scarpe
Niente aloni salini, quelli che rimangono dopo la pioggia. Scarpe ben pulite e spazzolate: «Il metodo ideale è quello Berluti: ma, anche senza spruzzare le tre gocce miracolose di champagne, è importante che le calzature siano sempre lucide». Vale anche per la donna, che deve prestare unattenzione in più: «Un modello raffinato cambia volto anche allabito». Niente anfibi («piuttosto tenere un paio di calzature di riserva in ufficio»), ma nemmeno esagerazioni: «Lo stiletto è da sirena sexy, non da amministratore delegato».
La pulizia
Il segreto è il grooming, ovvero ligiene personale, che è un poker: pelle, denti, unghie e capelli. Pulizia accurata del viso (anche per gli uomini), trucco leggero e sopracciglia a posto per le donne, denti freschi, unghie ben tenute (gli artigli sono poco professionali), taglio in ordine. E, per chi fa la tinta, lappuntamento dal parrucchiere va segnato in agenda, come la palestra: inevitabili entrambi.
I codici
Per gli uomini sono tre. Cè il «corporate», in vigore nelle grandi banche o negli studi legali: suit, camicia bianca o celeste, cravatta in tono. Poi il «business appropriate»: consente di non portare la cravatta se si indossa un completo, oppure uno spezzato con cravatta, e camicia meno classica, anche botton down. Ma attenzione ai gessati: «Le righe devono essere fini, non autostradali: meglio non ricordare un protagonista dei Sopranos». E infine il «business casual», tipico delle aziende meno formali: addio alla cravatta, qualche concessione in più in estate, con t-shirt e pantaloni kaki. La camicia deve essere però sempre perfetta, e la scarpa da ginnastica è comunque sconsigliata.
Al femminile
Non esiste una codificazione rigida come per i colleghi, ma è facile cadere in qualche inganno. Per le più giovani, che esibiscono pance e piercing. E per via delle linee di confine, da tenere sotto controllo: lorlo della gonna (sempre intorno al ginocchio) e la scollatura, mai troppo generosa.
La borsa
È come la scarpa: un amuleto che può impreziosire qualunque abito. Lideale, come per tutti gli accessori, è che sia scura e dalle dimensioni contenute: «Una donna che rovista disperatamente non è molto elegante». Senza strafare, però, perché una borsa sfacciatamente lussuosa può anche infastidire il selezionatore: specialmente se è unaltra donna.
Gli occhiali
Sono un accessorio (o una necessità) in grado di comunicare particolare affidabilità, ma è importante mantenere una certa armonia. Da evitare, quindi, le montature troppo perentorie, che si «appropriano» del volto.
I colori
Meglio scuri (nero, blu navy, grigio scuro per luomo). Si può anche osare, perché la scelta cromatica esprime anche la personalità: come il rosso indossato da Hillary Clinton e Nancy Pelosi, segno di autorità e sicurezza.
I jeans
Ammessi solo in ambienti «business casual». E con qualche accorgimento che renda il denim più professionale: colore scuro (mai slavato o strappato), taglio un po sartoriale, e accompagnato da una scarpa col tacco.
Il «personal dress code»
Col tempo, lo stile personale diventa più definito. Spesso avviene in parallelo con la carriera: significa maggiore consapevolezza di sé e dei propri obiettivi, e un po di voglia di mettersi in mostra.
eleonora.barbieri@ilgiornale.it
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