Mele marce? Impossibile per il Pd tenere il caso Penati circoscritto a vicenda isolata o locale. A finire nei guai in nella brutta storia che parte dalle aree Falck è stato luomo più importante del partito in Lombardia. Filippo Penati non è solo lex sindaco di Sesto San Giovanni che riuscì nellimpresa di sfilare a un centrodestra (diviso) la Provincia di Milano nellormai lontano 2004. È stato candidato del centrosinistra in due degli appuntamenti elettorali di quel trittico che ha tenuto impegnata la politica milanese dal 2009 a oggi - Provinciali, Regionali, Comunali. Sempre sconfitto dopo il 2004, ma sempre presente, con mire malcelate sul capoluogo.
La vicenda giudiziaria esplosa in questi giorni fa emergere i contorni di un sistema inquietante. E i suoi compagni di partito - i suoi «ex amici o sostenitori» come ha impietosamente rilevato ieri sul «Giornale» Giuseppe Civati, esponente del Pd - si dividono fra chi ha scelto un silenzio imbarazzato, e chi ha deciso la strada della critica.
Secondo Stefano Boeri, che è stato il candidato del Pd alle primarie dellanno scorso, e oggi è assessore comunale alla Cultura, il caso Penati «sta mettendo in luce comportamenti illeciti e comunque inaccettabili, radicati in una parte della politica milanese e lombarda. Ma non si tratta solo di gravi illegalità».
Boeri è durissimo: «La cultura della tangente, la cultura del sostegno in nero al partito (anzi alle sue correnti o componenti, o fondazioni) - sostiene -si intrecciata in questi anni con lidea obsoleta che l'unica forma di valorizzazione di un pezzo di terra sia quella immobiliare. Unidea per cui la politica concede in termini di metri cubi quello che chi investe sulledilizia può restituire in termini di sostegno finanziario. Da qui lo scambio tra aspettative immobiliari e disponibilità della politica. Tra vantaggi di rendita e vantaggi di potere». Parole che gettano ombre paurose su certi settori della politica, e che rilanciano gli interrogativi pesantissimi sollevati già da un «grande vecchio» della sinistra come Emanuele Macaluso, che sul «Riformista» ha chiesto: «Chi partecipa alle primarie fa propaganda con manifesti e volantini; chi paga? E chi si candida come sindaco, presidente della Provincia e della Regione...chi sostiene le spese? Il partito, le correnti o i candidati?».
Per Boeri centrale è il rapporto con lurbanistica: «Questo intreccio - dice - va rotto una volta per tutte». «È fondamentale - prosegue Boeri - affrontare alle radici una cultura politica obsoleta e anacronistica, oltreché fautrice di comportamenti illegali. Una cultura che ha zavorrato la politica milanese e compromesso con scelte immobiliari ingiustificate il territorio della nostra città».
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