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Boffo: "E' una patacca". Feltri: "Ecco le carte"

Il direttore dell'Avvenire: "Non esiste nessuna condanna" poi parla della telefonata del ministro degli Interni che gli avrebbe assicurato che "la polizia non scheda gli omosessuali". E annuncia la querela. Ecco la sentenza

Boffo: "E' una patacca". Feltri: "Ecco le carte"

Milano - Non una "informativa" proveniente da un fascicolo giudiziario ma "una emerita patacca". Così Dino Boffo, direttore di Avvenire, definisce il "documento" che ha portato il Giornale di Vittorio Feltri ad attaccarlo per un presunto "incidente sessuale". "Nessuna schedatura, ma fatti. Boffo contesti i documenti facendo vedere le sue carte. Se ne ha". Questa la risposta del direttore del quotidiano di Via Negri. 

Nessuna informativa "Non ho mai parlato di schedature o informative giudiziarie e il Viminale non c'entra in nessun modo. Abbiamo un documento che prova un fatto, se il fatto non é vero Boffo lo smentisca offrendo i suoi documenti ai giornali". Così replica il direttore de Il Giornale. E sui presunti contatti con il premier: "Mai stato negli ultimi quattro mesi a Roma, né a Palazzo Chigi né a Palazzo Grazioli e non ho sentito il premier Silvio Berlusconi al telefono. L'unico a telefonarmi, la sera di venerdì prima che l'articolo su Boffo uscisse, è stato il sottosegretario Gianni Letta che aveva saputo della cosa. Ma erano le 23,30 e il giornale era già chiuso".

Fascicolo negli archivi È conservato negli archivi del tribunale di Terni il fascicolo processuale riguardante Boffo. Una vicenda sulla quale stamani non ha voluto fare commenti il procuratore della Repubblica Fausto Cardella. Il magistrato, che all’epoca dei fatti non guidava ancora l’ufficio, è rimasto stamani nella sua stanza impegnato nella normale attività. Con i giornalisti non è voluto entrare nel merito della vicenda. Si è limitato a confermare che nessuna iniziativa è stata presa dalla Procura in seguito alla pubblicazione della notizie riguardanti Boffo da parte de Il Giornale. Non si trovano invece più a Terni il pubblico ministero che coordinò l’inchiesta e il gip che firmò il decreto penale di condanna nei confronti di Boffo per molestie.  

Berlusconi: "Mai parlato con Feltri" "In questi giorni non ho mai avuto alcuna conversazione telefonica con il direttore de Il Giornale, né con altri suoi collaboratori". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi smentendo alcune ricostruzioni giornalistiche che definisce, nel caso specifico, "falsità". "Di fronte alla marea di voci, insinuazioni e presunte rivelazioni apparse stamane sui giornali è impossibile smentirle tutte - afferma il premier - ma su una falsità non posso tacere: in questi giorni non ho mai avuto alcuna conversazione telefonica con il direttore de Il Giornale né con altri suoi collaboratori". 

Feltri: "Andiamo avanti" Sulla vicenda Boffo il direttore del Giornale non retrocede di un passo: "Abbiamo un documento, che tra l'altro domani ripubblichiamo, in cui si prova che il direttore dell'Avvenire ha patteggiato per molestie personali e che la cosa è stata trasformata in una pena pecuniaria. Sui motivi del patteggiamento vai a capire, comunque noi abbiamo un documento che prova un fatto. Dovrebbe essere lui a questo punto ad offrire la sua documentazione ai giornali, il resto non conta. Non conta da chi lo abbiamo avuto, non conta se ci sono errori perché non è un testo di diritto. Anche se i termini fossero impropri i fatti sono questi e se qualcuno è in grado di smentirli lo faccia. Io non provo nessun imbarazzo - aggiunge Feltri -, l'imbarazzo dovrebbe essere di Bagnasco se lo sapeva e anche di Boffo. Mi rendo conto che è un'intromissione nel suo privato e mi dispiace ma quello che volevo dire era proprio questo, il mio discorso era politico. Volevo dire che bisogna fare attenzione al privato se non hai tutte le carte in regola e nessuno di noi ce l'ha. Io per esempio non mi permetterei di fare la morale sulle signorine con cui qualcuno si accompagna. Non capisco perché si può fare a Berlusconi e non al direttore dell'Avvenire, non siamo tutti uguali?".

Telefonata di Maroni Boffo racconta di avere ricevuto "una inattesa telefonata da Roberto Maroni". Boffo, in una lunga risposta alle lettere dei lettori dell’Avvenire, si riferisce alle affermazioni del Giornale, (secondo il quale sarebbe stato da tempo "già attenzionato dalla polizia per le sue frequentazioni") e spiega che Maroni "ha voluto manifestarmi la sua solidarietà e il senso di schifo che gli nasceva dalle cose lette" ma "teneva anche ad assicurarmi di aver ordinato un’immediata verifica nell’apparato di pubblica sicurezza centrale e periferico che da lui dipende, e che nulla, assolutamente nulla di nulla era emerso".

Fantomatico atto giudiziario Quello citato dal Giornale, insomma, non era, afferma Boffo, un "fantomatico atto giudiziario ma una vera sola", che si potrebbe "spulciare riga per riga" per controbattere "e far emergere di quel testo anzitutto l’implausibilità tecnica, poi magari sostanziale. Lo faremo, se necessario". Come avrà fatto, si chiede Boffo, "il Mourinho dei direttori", il "primo degli astuti" a "non porsi una domandina elementare prima di dare il via libera alla danza (infernale): questo testo che ho in mano è realmente un'informativa che proviene da un fascicolo giudiziario oppure è una patacca che, con un minimo appiglio, monta una situazione fantasiosa, fantastica, criminale? Perché, collega Feltri, questa domandina facile facile non te la sei posta? Ma se te la fossi fatta, sei proprio sicuro di aver vicino a te le persone e le competenze giuste per compiere i passi a seconda della gamba? Non sei corso troppo precipitosamente a inaugurare la tua nuova stagione al timone di quello che non è più un foglio corsaro, ma il quotidiano della famiglia del presidente del Consiglio?".

La querela Comunque, conclude il direttore di Avvenire, "quanto di fondamentale non farà spontaneamente capolino davanti all’opinione pubblica, emergerà civilmente e pacatamente in un tribunale della Repubblica, cui i miei avvocati già lunedì si presenteranno per la querela".

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