Bollette «pazze» ora anche dall’Ater

Bollette «pazze» ora anche dall’Ater

Alessia Marani

Bollette «pazze» agli inquilini (e non!) dell’Ater provincia di Roma. L’Azienda territoriale presenta il conto a chi è moroso, ma invia solleciti persino a chi ha già acquistato l’abitazione da decenni e a chi non ha mai sborsato neppure un cent all’ex ente per le case popolari, perché di fatto alle spese condominiali ci ha sempre pensato da sé. Migliaia di lettere inviate dagli uffici di piazza dei Navigatori dall’inizio di novembre 2005 fino al 28 febbraio («Termine limite per la legge», precisano dalla presidenza) che hanno gettato nel marasma ipotetici inquilini: la maggior parte anziani, a reddito sociale - alcuni persino deceduti - piombati in questi giorni in un infernale impasse burocratico. E c’è già chi ha pagato, seppure non dovesse all’ente neppure un cent. Un caso su tutti, il condominio ex Gescal di via del Formale Nuovo, a Valmontone. Due palazzine per 5 appartamenti ciascuna costruite tra il ’64 e il ’66 coi soldi dei lavoratori ancora trattenuti in busta paga nonostante l’imposta (per la Gestione case lavoratori) sia sparita dal ’72, lasciando in eredità la conduzione dei suoi immobili (oltre 1500) all’Iacp di competenza. Alloggi assegnati all’epoca con il criterio del concorso a punti e che successivamente furono destinati a vendita a riscatto, 750 a Spinaceto e 9 a Valmontone. Capita, dunque, agli eredi del signor A. C., di vedersi chiedere 7000 euro per una morosità di una casa finita di pagare nel 2002 e acquistata già negli anni ’80. Al signor Antonino F., di ricevere un avviso di «adeguamento delle quote mensili d’acconto per servizi a rimborso» di cui non ha mai usufruito. E, di seguito, una lunga lista di morosità solo sulla carta. «Ci siamo costituiti in condominio autonomo secondo il codice civile il 6/2/’86, il condominio comprò casa con unico atto notarile a prezzo di costo meno gli affitti pagati», spiega Antonino. «Dall’83 nessun ente ha speso un centesimo in servizi di manutenzione ordinaria o straordinaria - scrivono in una nota di risposta alla Direzione generale dell’Ater gli inquilini delle palazzine i quali si sono rivolti a degli avvocati -. L’unico rapporto con lo Iacp è solo cartaceo per vendita. Nessuno può chiedere pagamenti per un servizio né reso, né richiesto e mai fatto. Nessun ente pubblico o privato può imporre l’amministrazione coatta se non accettata dalla metà più uno. L’Ater della provincia di Roma non possiede neanche un centimetro quadrato del nostro fabbricato». Un paio d’anni fa l’Ater provincia di Roma si distacca dall’Ater Roma. Da quello (già ex Iacp) eredita patrimonio immobiliare, gestione e conti in sospeso. Un buco di milioni di euro che solo nella Capitale costituisce il 36 per cento dell’ammanco al bilancio e per cui ora il governo ha dato facoltà di transizione. Ma dal carrozzone Iacp si trascinano falle enormi. Come quella, appunto, delle cessioni immobiliari che l’ente popolare non definì mai coi locatari divenuti proprietari. In poche parole: man mano che gli ex inquilini pagavano il saldo, non ne veniva cancellato il debito. Soldi, dunque, che l’ente ha già incassato, di cui però non è rimasta documentazione e che ora l’Ater torna a chiedere. «Nessun allarmismo - precisano dall’Azienda - la questione è nota. Abbiamo dovuto mandare comunque le lettere ma telefonando allo 063986332804 o faxando allo 06398632856 ciascun inquilino potrà risolvere la propria posizione». Anche chi, magari, è già deceduto da un pezzo.

Un appello accorato al direttore dell’Ater, Fabrizio Urbani e al presidente della Regione, Piero Marrazzo, arriva proprio da Valmontone: «L’Ater, finora, non ha risposto ai nostri fax, alle telefonate, alle lettere dei legali - dice Antonino -. Ci sono centinaia di raccomandate di messa in mora per migliaia di euro a persone fragili, anziane. Fateci uscire da quest’incubo».

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