Bologna, lo scudetto alla moviola Douglas affonda i sogni di Milano

Oscar Eleni

da Milano

Ruben Douglas, l’uomo che ama i serpenti, le crescentine, le notti in collina, le giocate magiche, le fughe impossibili, sbagliando cose straordinarie, ma mettendone insieme anche di stupende, porta il secondo scudetto nella contrada bolognese della Fortitudo, nel regno di Giorgio Seragnoli, che maturando come uomo di sport ha ottenuto dalla squadra meno cara, ma più facile da amare, il titolo che cancella anni di amarezze. Ci riesce il Ruben rasta con un tiro ad occhi chiusi, nel momento in cui si accendevano le luci rosse del fine partita. I tifosi del Forum, la minoranza del tutto amore Fortitudo e quella del nuovo grande affetto per Milano, si bloccavano come paralizzati dal sublime e dalla crudeltà del momento. La moviola, o comunque l’instant replay diventavano i giudici della sfida. Lino Lardo, dopo la grande impresa di una stagione irripetibile, aveva capito tutto subito e se ne era andato dalla panchina mentre i giocatori delle due squadre si tenevano a distanza, abbracciandosi, nascondendosi sotto gli asciugamani. Il tiro era andato dentro, le braccia dell’ultimo difensore, Djordjevic, non avevano fatto schermo. Gli arbitri guardavano, riguardavano, misuravano tutto e alla fine decretavano: scudetto alla Fortitudo, al suo gusto della sfida, alla sua voglia di gioventù, al suo coraggio rappresentato benissimo da Gelsomino Repesa, il dominatore di una stagione dove ha imposto prima le regole di una squadra sana e poi l’ha portata al titolo sparigliando sul campo nemico, nella bolgia del Forum.La storia, il destino, la fede, le cose incredibili dello sport per un finale che ha davvero rubato l’anima, un faccia a faccia fra l’usato sicuro della Milano ritrovata e la gioventù risanata della Fortitudo che ha seguito sulla strada il suo capitano Gianluca Basile, eletto anche miglior giocatore delle finali in una serata dove le campane di Djordjevic si sono sentite fino ai Navigli, dove l’ultima sfida è diventata, in mezzo a tanti errori, alle debolezze di arbitri che sono lo specchio di un paese sportivo, davvero epica.
La Fortitudo libera di testa va a cercare il cielo e parte 9-0, se Smodis non avesse la mano fredda e Mancinelli non regalasse un tre più uno d’infausta memoria a Mario Gigena, il suo incubo, potremmo già scrivere di fuga decisiva, ma Sale Djordjevic arriva nel cuore della partita ed è un principe, il suo slancio nel primo quarto dando il minimo vantaggio dopo la grande paura. Ancora lui ad aprire il secondo spazio dorato mentre Repesa guarda negli occhi troppa gente che non gli risponde, non sente più il canestro. Undici minuti di paralisi del cervello e dei polpastrelli, subendo anche la rabbia di Coldebella, tremando per il fallo tecnico all’allenatore che portava sul 24 a 20. Poi il risveglio con Douglas trascinatore, un ritorno alla vita della difesa, una visione più lucida dell’attacco ben sostenuto anche da Bagaric. Tecnico anche a Lardo, a metà gara Bologna vede l’oro in fondo al pozzo. Una illusione, un peccato di gola che costa la perdita della ragione tattica anche perché Djordjevic diventa il padrone della grande arena e con Calabria riporta avanti Milano.
Mc Cullough manda un razzo alla luna, un tre punti che potrebbe stroncare, ma Smodis gli risponde subito. Si alzano le fruste, Sale porta a più 5 Milano, ma Douglas ha l’argento vivo addosso, errori ai liberi, la Fortitudo è in debito e chiude con il 53% da incubo, Bagaric prende a calci una sedia, sembra il tracollo, ma a 2’18” Basile pareggia (61-61), Calabria e il suo artiglio, poi ad un 1’55” Douglas è pronto per lo spiedo facendosi rubare la palla da Mc Cullough che infila l’uno più uno del 65-61. Basile dalla linea dove Blair sbaglia due tiri, poi Douglas con uno su due per il 65-64. Ha già accumulato abbastanza punti per farsi togliere da Ugo tutte le tigelle.

Milano si affida a Calabria che sbaglia a 7 secondi dalla fine, rimbalzo Fortitudo, Basile ha un velo sugli occhi, tre avversari che lo braccano, vede Douglas poco dopo la metà campo, gli dà la palla, il panamense diventa il cobra reale della sfida scudetto, suo il centro, suo il delirio e c’era chi lo voleva già mandare via a Natale. Repesa e la sua fede nelle cose ben fatte, nelle squadre che non mollano mai. Gloria a lui e tanti saluti a Pozzecco.

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