Claudio Barnini
Si tinge di giallo la morte di Alberto Andreoli, il carabiniere di 35 anni morto il 14 settembre scorso allinterno della caserma dellArma di Latina a seguito dellesplosione di un ordigno.
Il procuratore capo Giuseppe Mancini e i due sostituti Saveriano e Ciani, ieri hanno fatto il punto della situazione in merito allinchiesta e sono arrivati alla conclusione che si tratta di una bomba diffusa in Jugoslavia e Irak, probabilmente di fabbricazione russa, del tipo M52 o M69, in quanto solo queste due compatibili con il tipo di innesco trovato. Un ordigno costruito fino agli anni Ottanta e mai rinvenuto prima nel nostro Paese.
I magistrati sono arrivati a questa spiegazione al termine delle analisi effettuate dai militari del Racis. Il fatto strano è che questo tipo di bomba è molto simile a una borraccia, e quindi il militare, almeno secondo le ipotesi avanzate dalla Procura, potrebbe non aver valutato il rischio di essersi trovato di fronte a un ordigno che sarebbe potuto esplodere. Anzi, di più: non sapeva proprio che quello che ha preso tra le mani era una bomba. Lipotesi più accreditata, hanno spiegato i magistrati, è che la bomba sia giunta in Italia tramite qualche extracomunitario che potrebbe averla venduta in qualche mercatino per articoli militari. «Per ora - ha detto il procuratore capo Giuseppe Mancini - continuiamo a seguire ogni pista e invitiamo i cittadini a fare attenzione alle bancarelle specializzate in merce militare». Resta da capire, comunque, come questo tipo di bomba, il cui innesco è del tipo a bottone (e non con la classica linguetta), del tutto simile appunto al tappo di una borraccia, sia potuta finire allinterno di una caserma. Una cosa è certa: la morte di Andreoli non è dovuta a un attentato, come si era creduto nei primissimi momenti, ma a questo punto nemmeno di un tragico scherzo. Molto più probabilmente si tratta di un incidente.
Colpa, come ipotizzato in procura già allindomani della morte del carabiniere, di un souvenir portato da qualche militare in ritorno da una missione. Un «gadget» del quale evidentemente non era stata valutata la pericolosità. Insomma, un gesto incauto dettato dalla sicurezza di trovarsi allinterno di una caserma dei carabinieri e quindi fuori da ogni possibile azione dinamitarda.
Le indagini continuano, e sulla vicenda restano ancora molti punti da chiarire, ha dichiarato anche il procuratore aggiunto di Latina, Francesco Lazzaro. Anche perché bisognerebbe sapere quante di queste bombe sono ancora in circolazione e soprattutto se se ne trovino ancora alcune sui banchi dei mercatini di antiquariato, oggetti depoca e cose militari.
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