Bonacina, «signor sì» in attesa di Mutti Sarà il quarto cambio in metà campionato

In casa Atalanta è un’icona. Il «Cina», come lo chiamano da sempre non solo è il giocatore con più presenze nella storia nerazzurra, 331 tra campionato (265), coppa Italia (51) e coppe europee (15), ma è anche quello che ha regalato miliardi al totocalcio quando, il 20 novembre 1988, nel finale gelò la San Siro milanista con un gol di testa che riempì di gioia i cuori dei tifosi nerazzurri e le tasche degli amanti dell’uno, ics, due. Walter Bonacina, 45 anni compiuti, sta scaldando la panchina dell’Atalanta in attesa dell’arrivo di Bortolo Mutti, in quello che sarebbe un record di cui non vantarsi minimamente: 4 allenatori in mezzo campionato, un qualcosa di mai visto. A Bergamo si mettono le mani tra i capelli perché dopo Gregucci, Conte, oggi Bonacina, domani Mutti, la figuraccia è totale, ma il buon «Cina» non ci pensa. Ha lasciato solo per una settimana la guida della primavera orobica (tanto la riprenderà subito) per mettersi al timone di una barca che fa acqua da tutte le parti. Proprio lui che, negli anni d’oro dell’Atalanta, mise la museruola a un certo Maradona e, da centrocampista tutto cuore e grinta, arrivato come un giovanotto umile nel 1986 (dopo essere cresciuto calcisticamente nel Cenate Sotto e Virescit), ha portato l’Atalanta fino alla coppa Uefa, realizzando anche il gol che permise ai nerazzurri di vincere fuori casa col Fenerbahce. Cinque anni all’Atalanta, poi tre alla Roma e memorabile è rimasta la scazzottata con la quale stese i due tedeschi della Juve Kohler e Moeller e il gol ai bergamaschi per il quale si rifiutò di esultare.

Nel 1994 il ritorno a Bergamo, altre cinque stagioni, poi due al Monza prima di chiudere nel 2002 al Rodengo. L’Atalanta gli ha subito aperto le porte del settore giovanile: allievi nazionali, primavera e ora, solo per una partita, anche la prima squadra. Cina ha detto: «obbedisco». Se non è amore, questo.

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