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Bonanni: "Quei soldi in busta paga non sono piovuti dal cielo. Noi le intese le chiudiamo"

La stoccata del segretario Cisl: "Firmare senza la Cgil è sbagliato ma non è la fine del mondo". Tempi brevi: "Con la riforma chiudere un accordo sarà più facile e veloce"

Bonanni: "Quei soldi in busta paga non sono piovuti dal cielo. Noi le intese le chiudiamo"

Roma - Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, ma non doveva essere una stagione di rinnovi contrattuali difficili?
«Ed è stata proprio così, di grande difficoltà. Ma con un saldo positivo. Pensi cosa sarebbe successo se non li avessimo chiusi quei contratti».

Cosa?
«Ci sono poche astrazioni da fare. La realtà concreta, ad esempio del pubblico impiego, è che i tre milioni e mezzo di individui e altrettante famiglie hanno ottenuto gli aumenti. Lo stesso vale per il settore del commercio, altro settore fondamentale nel quale lavorano un paio di milioni di persone».

Perché cita i contratti che avete chiuso senza Cgil?
«Perché mi piacerebbe che chi si crogiola nell’antagonismo riflettesse sul fatto che un contratto chiuso, un aumento in busta paga, ha effetti sulla vita di milioni di persone. I soldi non vengono dal cielo».

La Cgil ha dato un’interpretazione opposta dei dati Istat sugli aumenti contrattuali di dicembre. In sostanza hanno detto che sono la dimostrazione che il vecchio modello funziona bene e che quindi non andava cambiato...
«Se quel sistema andava così bene, non si capisce perché in molti casi, come quello del commercio, non hanno firmato. Se invece non funziona più, come avevamo sostenuto tutti nella piattaforma unitaria, non ci capisce perché la Cgil non lo voglia cambiare. A me pare siano in piena sindrome di Stoccolma».

Perché, secondo lei, non andava bene il vecchio sistema?
«Prendiamo l’esempio dei contratti che abbiamo chiuso, ad esempio quelli del pubblico impiego e del commercio. Erano bloccati da tre anni e rotti. E tempi così lunghi non sono più tollerabili. Il nuovo sistema tra le altre cose farà accelerare i tempi. Ci guadagneranno tutti».

Visto come è andata nel 2008 verrebbe da pensare che anche per i prossimi rinnovi si possa fare a meno della Cgil. Però c’è chi dice che, senza fare i conti con il sindacato di Guglielmo Epifani, non sarà possibile fare nulla...
«Senza la Cgil può essere un problema, ma non al punto di bloccare il mondo. Sarebbe un problema se mancassero anche Cisl e Uil o se non ci fosse la parte datoriale, Confindustria, Confcommercio. Ma il metodo che abbiamo seguito nell’accordo generale sulla riforma dei contratti va bene».

Quindi rinnovi e aumenti, anche senza la firma del sindacato di sinistra?
«Sono il primo a dire che è sbagliato tenere fuori la Cgil. Abbiamo bisogno che stia dentro, ma non è indispensabile. Sbaglia chi lo pensa».

Ma se poi le federazioni della Cgil, magari i metalmeccnici o il pubblico impiego, iniziano a scioperare contro gli accordi che voi firmate, cosa succede?
«Dico solo questo. Se qualcuno pensa che il problema sia la loro conflittualità ha preso un grosso abbaglio. Io so bene cosa pensa la gente, i nostri iscritti, come giudica chi ha da ridire su tutto e si rifiuta di fare quello che serve».

Concretamente, pensa che nei prossimi anni, con i nuovi contratti di lavoro, potremo commentare dati positivi, come quelli registrati a dicembre?
«Certo, nonostante quello che dicono alcune cornacchie. Tra l’altro la detassazione del salario di produttività farà arrivare in busta paga qualcosa in più rispetto agli accordi chiusi l’anno scorso. Senza contare quello che si risparmierà grazie alla minore conflittualità».

Meno scioperi e quindi più soldi in busta paga?
«Spesso i sindacati scioperano solo per conquistare il tavolo della trattativa. Una pratica che costa ai lavoratori e che il nuovo sistema supera perché valorizza la partecipazione e non i meccanismi antagonisti».

Epifani ha detto che è giusto legare le retribuzioni alla produttività, ma che andrebbero vincolate anche al costo della vita...
«L’indice che abbiamo predisposto serve proprio a questo. Soldi a parte nel nuovo sistema ci sono anche meccanismi che daranno ai lavoratori più potere. Comunque è chiaro che la pubblicità di un prodotto non la può fare la casa concorrente».

Vuole dire che Epifani non può parlare bene del vostro accordo?
«Sì».

Però, seguendo la stessa logica, lei non dovrebbe parlare del “suo” prodotto perché non ne parlerà mai male...


«Il fatto è che, al momento, l’unico prodotto in commercio è il nostro».

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