Da Bond a re Artù: le icone più influenti di sempre

da Milano

James Bond, Sherlock Holmes. Topolino e Babbo Natale. Icone. Finte, ma non troppo. Reali, in un certo senso, perché riescono a entrare nella vita quotidiana a tal punto, da riuscire persino a «cambiare il corso della storia».
Qualcuno ha pensato anche di calcolarne il peso specifico, la loro capacità di modificare l’esistenza e le abitudini delle persone. L’andatura con cui camminano, il tono della voce, il modo di sorridere, lo sguardo. Persino la voglia (o meno) di accendersi una sigaretta. Tanto che, secondo The 101 most influential people who never lived («le 101 persone più influenti che non hanno mai vissuto»), in cima alla lista c’è «Marlboro man», il cowboy nato negli anni Cinquanta che ha fatto lievitare le vendite delle sigarette. «Le invenzioni della nostra immaginazione, le creature che si formano nella nostra mente e che facciamo diventare reali hanno su di noi conseguenze sorprendenti», ha spiegato Jeremy Salter, uno dei tre autori (insieme ad Allan Lazar e Dan Karlan) del libro, appena pubblicato negli Stati Uniti da HarperCollins. Perciò, al cowboy spetta la medaglia d’oro. Al secondo posto, il Grande Fratello, protagonista di 1984 di George Orwell, seguito da Re Artù, che incarnerebbe la figura del monarca ideale. Al quarto posto, un «mai vissuto» di tutt’altro genere, Babbo Natale. L’idolo di ogni bambino e di molti adulti, quelli che, ogni anno, visitano a migliaia la sua «casa» al Santa Park, in Finlandia. I tre autori, attenti al «numero di persone influenzate e alla profondità dell’impatto», non potevano non considerare il potere economico di Santa Klaus: «Babbo Natale governa la nostra intera economia nell’ultimo trimestre dell’anno: senza di lui, il giro d’affari si spezzerebbe».
Il mondo delle «mai vissute», invece, è dominato dalle «dure».

Barbie, «la bambola di plastica che è diventata un modello da imitare per milioni di ragazzine, uno standard di bellezza e stile irraggiungibile», si trova al numero 43 della classifica, ben 25 posizioni dietro a «Rosie the Riveter», la mascolina operaia di fabbrica con vestito blu e bandana rossa che, assicurano gli autori, ha «contribuito alla nascita del movimento per la liberazione femminile».

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