Bondi accusa la Guzzanti. E diserta Cannes

RomaNiente Cannes. Il ministro della Cultura Sandro Bondi non ce la fa a sfilare alla kermesse del cinema mentre proiettano il delirante docufilm di Sabina Guzzanti secondo cui il terremoto che ha devastato l’Abruzzo è colpa di Berlusconi. Per cui Bondi «ha declinato l’invito a partecipare al prossimo Festival di Cannes, esprimendo rincrescimento e sconcerto per la partecipazione di una pellicola di propaganda, Draquila, che offende la verità e l’intero popolo italiano». Così, parte un altro film, sempre meno inedito, che vede i finiani scatenati contro un ministro del governo che dicono di appoggiare fedelmente: vergogna Bondi, dicono assieme a tutte le altre opposizioni.
Bondi non se l’è sentita di avallare in alcun modo un lavoro secondo cui il sisma che ha provocato centinaia di morti «per Berlusconi è come se Dio gli avesse teso la mano», perché era in calo di consensi fra la «persecuzione dei magistrati» e le foto delle feste a Villa Certosa. E neppure se l’è sentita di presenziare a una proiezione in cui si racconta che la ricostruzione della città «è stata sacrificata per tenere alti i consensi di un uomo che deve garantire guadagni illeciti a chi lo sostiene». Quando è troppo è troppo. Così, ha deciso di restarsene a casa. Non l’avesse mai fatto. Nel giro di pochi minuti è partito il fuoco incrociato dell’opposizione ma soprattutto dei finiani, schierati a difesa della Guzzanti. In prima fila il finian-giustizialista Fabio Granata, secondo cui la rinuncia «lascia molto perplessi» perché è anche una questione di «rispetto del mondo del cinema italiano». In nome dell’arte si può mancare di rispetto alla verità e financo ai morti, ma evitare l’ossequio alla Guzzanti no, non si fa. «Rappresentare l’Italia è un dovere del ministro, perché il nostro Paese è una potenza culturale di rilevanza mondiale e non può rischiare di perdere autorevolezza e credibilità per motivi vaghi e discutibili». Anche la direttora del Secolo d’Italia Flavia Perina punge il ministro: «Spero che Bondi abbia soppesato bene questa scelta, Cannes è una grande vetrina e il film italiano in concorso merita di essere sostenuto». Anche perché, continua, in passato «Venezia ha ospitato registi molto polemici nei confronti del sistema politico al quale appartengono, come Michael Moore, e non ricordo che si siano verificate reazioni di questo genere».
Parole che sono benzina sul fuoco dei rapporti già incendiati tra finiani e pidiellini, tanto che il sottosegretario Francesco Giro sbotta: «Se le critiche arrivano dagli uomini di Fini, allora significa che Bondi ha ragione da vendere perché questi interventi sono fuori luogo, illogici e sproporzionati». Poi l’ira: «Ma perché non escono dal Pdl? Facciano un partito dello zero virgola e non rompano più le scatole: hanno davvero rotto le scatole». Dà fastidio che i finiani facciano il controcanto ogni due per tre, ma che soprattutto abbiano posizioni-trasferello a quelle delle opposizioni. Perina, in pratica, la pensa come Veltroni secondo cui la decisione del ministro è «assurda e ideologica che tradisce un riflesso autoritario per cui quello che è critico è illecito». Granata, invece, è sulla stessa lunghezza d’onda di De Magistris, il quale ritiene che così «ad offendere la verità e il popolo italiano non sono né l’arte né l’informazione, ma un ministro che invece di comportarsi come tale, onorando gli impegni istituzionali, preferisce recitare la parte del fedele servitore del premier disertando Cannes».


Chi invece ha dichiarato guerra alla pellicola della Guzzanti è il ministro del Turismo Michela Brambilla, che ha già promesso di «dare mandato all’avvocatura dello Stato per i danni che le immagini del film (anticipate ad Annozero) potrebbero arrecare al nostro Paese. Queste immagini mi indignano e mi offendono ancor prima come cittadino che come ministro».

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