Dopo la pubblicazione sul «Giornale» dei verbali del presunto terrorista Moez Fezzani, il presidente del Consiglio regionale Davide Boni torna a sollevare interrogativi sulla propaganda estremista nella moschea milanese: «Curioso come le accuse su ciò che viene realmente insegnato in Viale Jenner - dice Boni - continuino ad arrivare da ex frequentatori della stessa moschea abusiva che, arrestati perché terroristi, come Moez Fezzani, ammettono candidamente che listituto islamico in questione non è mai stato un luogo propriamente per moderati. Forse lo stesso Shaari (presidente del Centro di cultura islamica, ndr) prima di chiedere una moschea e lanciare una lista islamica per le prossime elezioni comunali di Milano, dovrebbe chiarirsi le idee e spiegarci una volta per tutte chi sono le persone che frequentano il suo centro islamico».
Fezzani aveva raccontato che proprio in viale Jenner era stato convertito allIslam radicale e avviato ai campi di addestramento in Bosnia. Luomo al suo arrivo in Italia, alla fine degli anni Ottanta, era stato avvicinato da un gruppo islamico moderato, noto come Tabligh. Ma si era presto reso conto che i leader della moschea di viale Jenner consideravano il Tabligh una fazione eccessivamente morbida e la accusavano di non fare sufficientemente propaganda a favore della guerra santa. Fezzani chiama esplicitamente in causa Anwar Shaban, imam di viale Jenner negli anni Novanta, poi andato a combattere e morire in Bosnia. Furono i sermoni di Anwar Shaban, dice, a convincermi a diventare un mujaheddin. «Fu così che io parlai con lui della mia intenzione di andare a combattere in Bosnia e lui, dopo aver verificato la mia determinazione rappresentandomi la durezza delle condizioni che avrei trovato, fece in modo che io raggiungessi quei luoghi.
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