Boni: «È allo studio una legge che bloccherà i videopoker cinesi»

La Regione sta lavorando a una legge per regolamentare le sale da gioco, così come è già accaduto per i phone center. Davide Boni, assessore leghista all’Urbanistica, spiega che insieme al responsabile della Sanità, Luciano Bresciani, metterà giù un testo per affrontare l’allarme azzardo, spesso gestito da operatori cinesi. Nei primi cinque mesi del 2008 a Milano le richieste di autorizzazione per aprire una sala da gioco sono state sessanta. Tantissime, soprattutto se si pensa che quelle attualmente aperte sono in tutto trenta. «Queste case da gioco sono bombe sociali, che esplodono spesso in quartieri già disagiati» osserva Boni, che promette interventi urgenti.
La Regione vuole dichiarare guerra al gioco d’azzardo?
«È naturale che ci stiamo ponendo il problema dopo le denunce venute fuori. L’unico sistema per risolvere l’emergenza è richiedere una serie di requisiti e criteri che diano garanzie. Innanzitutto si tratta di assicurare la completa agibilità urbanistica, in modo che non si creino centri di grande oppressione territoriale».
Che cosa intende per oppressione territoriale?
«Evitare le concentrazioni o comunque decidere dove certe attività possono essere svolte. Stiamo approfondendo una norma del Comune di Lucca che non riguarda direttamente le case da gioco ma dà alle amministrazioni comunali la possibilità di scegliere quale tipo di autorizzazione può essere data. In Toscana la utilizzano già per alcuni centri storici. Anche la Lombardia può decidere di vietare attività».
Lei parla di centri storici, ma molte di queste sale giochi nascono in periferia.
«Per le periferie bisogna costruire norme come per i phone center, altrimenti il rischio è far saltare gli equilibri sociali. Queste sale giochi aggregano persone che creano disturbo ai cittadini. Per questo devono garantire spazi di parcheggio adeguati. Se qualcuno va lì a giocare, e magari sono duemila persone che vanno tutte nello stesso posto, non può piantare la macchina in doppia fila».
Crede che esistano anche problemi igienici, come per i phone center?
«Certamente e infatti stiamo costruendo le nuove norme insieme all’assessore alla Sanità. Ci devono essere i servizi e non solo le macchinette. Ogni macchinetta deve avere uno spazio adeguato intorno. Di solito questi spazi, se li infili in grandi quartieri popolari e non sono accompagnati da una normativa, portano un disagio sociale fortissimo. Spesso e volentieri in queste zone dove si gioca vivono le fasce più deboli, che hanno meno possibilità di difendersi».
Quali interventi specifici prevede per le fasce deboli?
«È necessario fare ragionamenti ad ampio spettro e credo sia necessario anche un sostegno psicologico, come avevamo pensato quando sono emersi i primi casi di suicidio per debiti di gioco tra gli anziani. In questi luoghi chi è portato a giocare spesso ha difficoltà di vita e di integrazione. Se metti una sala gioco in periferia, va a finire che lì vanno le fasce più deboli. Infiliamo bombe sociali in zone già disagiate».


Vuol dire che sarebbe meglio avere un casinò ben integrato con la città?
«Perché no? Se c’è qualcuno che pensa a un quartiere a luci rosse, si può anche ipotizzare un casinò a Milano in modo che la situazione sia più controllata. Stiamo disegnando la città e, se vuoi gestire le situazioni, servono interventi integrati».

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