Bonino: «Noi, spina nel fianco di Ds e Margherita»

Laura Cesaretti

nostro inviato a Fiuggi

Sulle note di Vasco Rossi, «Siamo solo noi», il congresso dello Sdi accoglie Emma Bonino come una vera star. La leader radicale, in giacchino di velluto rosso su cui è orgogliosamente appuntata una grande rosa nel pugno, sale sul podio preceduta da un filmato che ripercorre la sua lunga militanza politica (una sorpresa preparata dagli alleati socialisti) e salutata da un'ovazione, qualcuno grida anche «presidente, presidente». Della Repubblica, ovviamente.
Il Palaterme è pieno come un uovo, con la gente assiepata anche in piedi ad ascoltarla per più di un'ora, interrompendola spesso con gli applausi e ridendo delle sue battute e delle colorite immagini che evoca: Silvio Berlusconi che «canta da Fiorello e balla ad Isoradio», e che potrebbe spuntare anche «al posto di Bernacca» a leggere le previsioni del tempo, il presidente del Senato Pera definito «il portavoce di Ratzinger», ma anche le ironie su Veltroni relatore ad un convegno dal titolo «Sete di Dio», perchè l'Italia sta davvero diventando «un paese di baciapile». E di «cattolici d'assalto», in difesa dei quali si sono spese le gerarchie vaticane, e che però «non danno poi grandi esempi»: come «Antonio Fazio, e Fiorani, e Ricucci, che hanno gestito gli affari loro senza tanta carità cristiana».
Boccia le quote rosa, perchè «non voglio un mondo femminile piagnone che cerca scorciatoie protette e vuole esistere non per i meriti ma per i numeri». E non risparmia strali agli alleati del centrosinistra, e soprattutto all’asse Ds-Margherita che «soffre la nostra autonomia politica e di proposta» e tratta la Rosa nel pugno «con disagio e spocchia, cercando di marginalizzarci» perchè radicali e socialisti, con le loro proposte di riforma laiche e liberali insidiano «il progetto catto-comunista che vuole rinascere e tornare egemone». Un progetto, promette la Bonino, di cui «saremo la spina nel fianco», perchè «la storia dimostra che ad essere vincente è la nostra anima, non quella comunista o catto-comunista».
Se la prende con un'Europa pronta a «prostrarsi» al fanatismo islamico di chi incendia le ambasciate per qualche vignetta su Maometto, pubblicata senza reazioni a settembre: «Non capite che è una macchina che si è messa in moto ad orologeria, che le proteste violente sono partite cinque mesi dopo e guarda caso dopo la vittoria di Hamas», che «le manifestazioni “spontanee” di Damasco sono organizzate dal regime per uscire dall’angolo», che il risultato cui si punta e che si otterrà «è che la Ue, sentendosi in colpa, continuerà a cacciare senza discussione i soldi per Hamas, che finiranno in corruzione ed armi?».
E invece nella libera Italia «ci tocca sentire dal portavoce vaticano che i vignettisti e chi dà fuoco alle ambasciate sono parimenti colpevoli: ma come parimenti? Allora non abbiamo capito nulla!».
Alla fine è un tripudio di applausi, per la donna-simbolo di un nuovo soggetto politico che punta a diventare la «quarta gamba liberale e blairiana» dell'Unione, dopo i Ds, la Margherita e Rifondazione, come spiega Roberto Villetti, e la cui concorrenza elettorale fa paura agli alleati della sinistra, che per questo cercheranno di «oscurarci». E infatti «dagli amici ci guardi Iddio», ironizza Bonino. Poi tocca a Enrico Boselli, che chiude il congresso che lo rielegge a furor di popolo segretario e manda alcuni ultimatum all'Unione e agli assenti Fassino e Rutelli («ma non ci sentiamo più soli per questo», ironizza lui). Boselli bada al sodo e punta ad alcuni settori di elettorato, ad esempio gli insegnanti: la scuola pubblica è «la nostra priorità», e Prodi sappia che «sosterremo con lealtà la coalizione, ma non voteremo mai e poi mai finanziamenti alla scuola privata». E soprattutto «non accetteremo che al ministero dell'Istruzione vada qualche amico di Ruini», magari scelto dalla Margherita. «Non lo rivendichiamo per la Rosa nel pugno. Ma ci vuole una personalità di grande valore, appartenente al mondo della cultura e della ricerca, dotata di una forte indipendenza di giudizio e motivata a fare della scuola italiana la priorità dell’azione di governo».

E il nome che circola è quello del professor Umberto Veronesi, non a caso invocato dalla Bonino insieme a Vasco Rossi perchè sia «testimonial di questa proposta politica per un'Italia tollerante e liberale: una loro discesa in campo potrebbe forse cambiare la storia del Paese». «Sono lusingato - risponde Rossi - ma sono una rockstar e tale intendo rimanere».

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