Il boom di Cavendish, baronetto dello sprint

Vittoria al fotofinish nella Milano-Sanremo. Ha 23 anni, è dell’Isola di Man, è già un campione. Lo chiamano Cannonball e lui dice: "Il migliore sono io"

Il boom di Cavendish, 
baronetto dello sprint

nostro inviato a Sanremo

Se un ragazzino di 23 anni è già noto nel suo giro come «Cannonball», un motivo ci dev'essere. Palla di cannone è Marc Cavendish, un giovanissimo contadino dell'isola di Man sottratto all'agricoltura e scaraventato sul gradino più alto dello sprint mondiale. Forse il suo nome non dice ancora molto al grande pubblico generalista, che in tema di ciclismo ancora chiede se Pantani era solo un bluff o se nonostante tutto era davvero campione. Nel frattempo, qualcosa è successo. Di sicuro non servirà ancora molto perché tutti, persino le pettinatrici di Reggio Emilia, imparino a familiarizzare con questo inglesino atomico. Già ha vinto tantissimo, dai mondiali su pista alle tappe di Giro e Tour. Adesso, al primo tentativo, vince nel modo più incredibile anche quel campionato mondiale di specialità - volata lunga 300 chilometri - che è ormai la Milano-Sanremo. Un tiro, un gol. Alla faccia di tutto l'armamentario di dogmi e teorie ortodosse che escludevano nel modo più assoluto questa eventualità, «perché Cavendish è troppo giovane, perché la Sanremo non si improvvisa, perché a questa età non ha la distanza nelle gambe…».
Lasciamo stare. Per fortuna, la realtà ha sempre più fantasia della fredda regola. Cavendish è un debuttante, al gran ballo della Sanremo, ma corre e stravince ai modi di un patriarca: prima tiene duro sui vari capi di Riviera, quindi sceglie le ruote giuste nel finale kamikaze giù dal Poggio, infine giustizia Haussler sul vialone d'arrivo con una rimonta pazzesca. Contemplando il capolavoro, è legittimo e doveroso dire le cose come stanno: abbiamo un nuovo campione. Di settore, superspecializzato, ruota d'oro negli ultimi 200 metri: ma campione. Basta con le stupide prudenze: l'aristocratica edizione numero cento della Milano-Sanremo, così carica di passato, consegna il suo futuro al più giovane dei nuovi talenti. Al baronetto di sua maestà Marc Cavendish, 45 anni dopo l'altro inglese di Riviera, il compianto Tommy Simpson. E siamo solo all'inizio. Se adesso non si perderà anch'egli, come tanti illustri purosangue di quest'ultima era, tra veline, bella vita e infarinate di coca, di Sanremo potrà farsene una collezione. Come il suo mentore Erik Zabel, che difatti gli ha insegnato un sacco di buone cose. Ma attenzione: «Cannonball» è perfettamente in grado si farsi altre simpatiche collezioni. Prima fra tutte, quella iridata. Già l'anno prossimo, in Australia, c'è un percorso ritagliato su misura per il suo finale. A palla di cannone.
Nell'attesa del radioso futuro, ci sarà sicuramente qualcuno, tra noi, che cercherà pateticamente di spacciare Cavendish come l'inglese d'Italia. Questo perché il vincitore vive dal 2006 in Toscana, a Quarrata, dove respira l'aria buona di collina e contempla il verde in simil-Isola di Man. Ma è un artificio piuttosto ridicolo. In realtà, l'Italia vive una giornata di disastro imbarazzante. Come al solito, i nostri vincono la Sanremo delle invidie e delle accuse, delle chiacchiere e delle ripicche, ma perdono malamente quella vera. A parte Basso, che non ha velleità di vittoria, ma stacca Armstrong in salita e si produce in un forcing finale da capogiro, il meno peggio è Petacchi, quinto. È tutto dire. Volevano la volata, hanno cominciato a prepararla già dalla Tirreno-Adriatico, e volata hanno avuto. Peccato che alla resa dei fatti vengano tutti rasi al suolo da un colpo di Cannonball. Loro e anche altri bei soloni stranieri, per la verità: primo fra tutti sua divinità Tom Boonen. Proprio a lui, con disinibita irriverenza, il giovane vincitore dedica uno dei primi pensieri: «Boonen diceva che non ero fatto per la Sanremo, perché mi sarei staccato sulle salite. Stranamente ho tenuto bene. Stavolta ho visto Boonen dietro di me, in salita…».
S'è già capito: questo è il personaggio. Non ha paura di niente, non teme nessuno. Due anni fa, non ha temuto le mafiette del gruppo e ha firmato per primo l'impegno personale contro il doping. Fino a prova contraria, è attualmente il corridore più garantito, un autentico prodotto bio. Oltre tutto, ha pure il pregio di non recitare da brava suorina. «Quando vinci una tappa al Giro e al Tour sei un grande sprinter.

Quando vinci un monumento come la Sanremo sei un grande corridore. Io sono un grande. Avevo detto anch'io che non è realistico vincere la Sanremo a 23 anni. Non è ralistico, però l'ho fatto». Cannonball sulla falsa modestia.

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