Se nel mestiere del giornalista esistesse ancora la consuetudine di sottoporre le notizie alla verifica più semplice ed economica, quella del banale buon senso, forse qualcuno avrebbe chiamato il time out: «Fermiamoci un attimo a pensare». Cioè: è davvero ipotizzabile che nella civile Milano - non in una foresta dell'Africa nera - un padre ogni cinque si tiri indietro al momento in cui suo figlio viene al mondo? Che un padre su cinque rifiuti di riconoscere come proprio il pargolo partorito dalla propria compagna? Quanti uomini conosciamo - nella nostra cerchia di amici, nel nostro universo consueto di riferimento - che davanti alla nascita del proprio erede abbiano preferito tagliare la corda?
Eppure i dati forniti dalla clinica Mangiagalli dicevano proprio così: nel 2010 una mamma su cinque, dopo avere partorito, ha indicato solo sè stessa come genitore del nuovo esserino. Nel certificato di nascita, stilato all'interno dell'ospedale, una volta su cinque è rimasto desolatamente in bianco lo spazio alla voce «padre». Arrivati - via comunicato stampa - nelle redazioni dei quotidiani, i dati sono rimbalzati in prima pagina senza analisi e senza verifica, ma con l'accompagnamento di pensosi commenti di «belle penne» reclutate per l'occasione. A dare voce a questo (presunto) esercito di madri senza marito sono arrivate scrittrici in voga: «Se il tempo di avere un marito o un compagno per me non è ancora arrivato, beh: non è detto, non è assolutamente detto che non sia adesso quello di avere un figlio, dichiara questa voce».
Tutto bello, tutto condivisibile. Peccato che i dati che hanno innescato tanta lucidità di analisi non stiano nè in cielo nè in terra: nè dal punto di vista normativo, nè da quello statistico. E non serviva un grande sforzo per rendersene conto.
Cominciamo dal fronte normativo. Per la legge italiana, il figlio nato da una coppia sposata non ha bisogno di essere riconosciuto. É, automaticamente, figlio della donna che lo ha partorito e dell'uomo che a lei risulta unito in matrimonio. Se non vuole assumersene la paternità, l'uomo deve avviare una complicatissima pratica di disconoscimento, analisi del Dna compresa. Esclusa questa eventualità - fortunatamente talmente rara da risultare statisticamente irrilevante - i figli nati nel matrimonio hanno tutti un padre e una madre. Quindi la grande maggioranza dei dodicimila bambini che - con trend sostanzialmente costante - nascono ogni anno a Milano hanno di default babbo e mamma.
Il tema del riconoscimento dunque riguarda soltanto i figli di mamme nubili. Si tratta, a Milano, di numeri comunque rilevanti: dai 4.189 del 2005 si è arrivati ai 4.512 del 2009. Ebbene, di questi bambini, tra il 93 e il 95 per cento sono stati - sempre, costantemente e regolarmente - riconosciuti sia dal padre che dalla madre, come risulta dagli uffici dell' anagrafe municipale. Per fare solo l'esempio dell'ultimo anno: dei 4.512 nati nel 2009 fuori dal matrimonio, hanno avuto immediatamente papà e mamma ben 4.226 bambini. Degli altri, 23 - ed è il dato più triste - non sono stati riconosciuti nè dalla madre nè dal padre, e avviati dunque verso l'adozione. Dalla sola madre sono stati riconosciuti dalla sola madre 254 bambini, ovvero il 5,6 per cento del totale, mentre 9 bambini sono stati riconosciuti solo dal padre.
Il dato vero sulle mamme single, sulle donne che - per scelta o meno - si assumono da sole il carico del figlio è dunque questo: 5,6 per cento. Un dato significativo, ma assai lontano dal 20 per cento su cui si è commentato, ragionato, ponderato. E per verificarlo bastava poco.
Ma non è tutto. Perchè c'è un altro dato interessante, anche questo disponibile nelle statistiche comunali. É quello sui riconoscimenti tardivi: ovvero sui padri che al momento del parto non si sono fatti avanti, ma che successivamente si presentano all'anagrafe rivendicando la paternità del piccolo. Ebbene, nel solo 2009 si è trattato di 151 casi. Ovvero, più del 60 per cento dei pargoli rimasti senza babbo lo acquistano strada facendo. Qualche padre si fa vivo quasi subito, qualcuno dopo un anno, qualcuno dopo due o tre. Insomma, alla fine senza babbo davvero restano, fortunatamente, davvero in pochi. Resta da chiedersi il perchè di una quantità così rilevante di papà con i riflessi lenti, che si accorgono di avere un figlio non nel momento più bello, in clinica, al primo vagito o alla seconda poppata, ma dopo una manciata di mesi dopo. Anche a questa domanda però c'è una risposta, anche se qui non ci sono statistiche disponibili. C'è chi sostiene che si tratti di un piccolo trucco, messo in atto dai papà con la complicità delle mamme, per abbassare il «punteggio» necessario a fare accettare i piccoli all'asilo nido.
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