Boom di mercati rionali: la bancarella è anti-crisi

Balza agli occhi il prezzo di una sciarpa: 2 euro. E quello di un paio di pantofole: 5 euro. Qui anche i centesimi fanno la differenza. Tra una bancarella e l’altra si trova di tutto, dalle calze che costano 0,99 euro a t-shirt che non vanno oltre i 15 euro.
A parlare di crisi del mercato a loro, gli ambulanti, vien da ridere. Perché il loro mercato, quello fatto di levatacce alle 5 del mattino per addobbare il proprio negozio ambulante, non ha conosciuto la crisi. Tutt’altro. Le bancarelle rionali lombarde hanno guadagnato clienti: negli ultimi sei mesi solo a Milano si sono registrati oltre 15 mila acquirenti in più e a Monza quasi 700. Nuovi clienti che in sette casi su dieci sono ultra 65enni, mentre in tre su dieci possono vantare un reddito medio-alto. Anche i ricchi comprano al mercato. Effetto della crisi che ha costretto tutti a riscoprire la bancarella sotto casa e il piacere di acquistare biancheria e accessori con una manciata di monete. È quanto emerge da una ricerca dell’Ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Registro imprese, Ref, Digicamere, Istat.
Le imprese attive nel commercio ambulante non mancano. Con molte differenziazioni: quelle che vendono prodotti del Made in Italy (tessili, abbigliamento, calzature e pelletterie) in Lombardia sono ben 8.377 e, negli ultimi cinque anni, (dal 2004 ad oggi) sono aumentate del 12,76 per cento, prevalentemente a Milano (2.316), Brescia (1.246) e Bergamo (1.016). Solo lo scorso anno in Lombardia i nuovi ambulanti della moda che hanno aperto un’impresa individuale sono stati 885: di questi il 76,7 per cento è di nazionalità straniera (53% marocchini, 13% cinesi). Le province lombarde in cui si registrano il maggior numero di stranieri che hanno aperto lo scorso anno un'attività di commercio al dettaglio ambulante di abbigliamento e calzature sono quelle di Milano (33,1 per cento), Bergamo (14,7 per cento), e Brescia (12,7per cento).
Un fenomeno che in realtà ha investito tutta l'Italia, visto che le nuove imprese di ambulanti della «moda» nel 2009 sono state 6189, di queste 4623 straniere (75%). La rivincita della bancarella passa anche dalla qualità. La gente compra volentieri, ma solo se la merce è certificata. I milanesi sono molto attenti al Made in Italy, infatti il 43,4 per cento, quasi uno su due sceglie di non comprare in nessun caso un capo di abbigliamento se si accorge che è made in China.
Anche al mercato l’etichetta fa la differenza: secondo la ricerca della Camera di commercio solo il 5,5 per cento non la guarda quando fa shopping. «Il Made in Italy è un valore competitivo per le nostre imprese - sostiene Carlo Edoardo Valli, presidente della Camera di commercio di Monza e Brianza - che va promosso, difeso e tutelato. Non è più una “rendita”, occorre quindi un gioco di squadra tra produttori, distributori ma anche consumatori ed istituzioni, perché la via stretta della qualità richiede innovazione da un lato, ma anche controlli dall’altro».
I dati nazionali confermano che la vendita al dettaglio in forma ambulante rappresenta un giro d'affari che supera i 25 miliardi di euro.

Nel settore alimentare per ogni 4 negozi in sede fissa ce n’è uno ambulante; nell'abbigliamento il rapporto è di un banco ogni 2,6 negozi in sede fissa. Sono ben tremila i mercati aperti ogni giorno e 10 mila quelli settimanali. Oltre 4 milioni i metri quadri di superficie disponibili e attrezzati ogni giorno. Un business anti-crisi.

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