Pier Augusto Stagi
Vincere la corsa dei sogni per il secondo anno consecutivo, tra ali di folla in delirio, che intonano il tuo nome come quello di un re, e un Re - quello vero - Alberto II del Belgio, che ti premia in mondovisione. Questo è quello che probabilmente sogna un comune mortale; questo è quello che ha provato ieri pomeriggio sul traguardo del Giro delle Fiandre Tom Boonen, 25 anni, campione del mondo in carica, volto bello e sfrontato del ciclismo planetario, che alla faccia di tutto il peso del pronostico, se n'è fatto un baffo ed è andato a vincere con facilità disarmante.
Vittoria annunciata, scritta, raccontata come poche; vittoria voluta, cercata, amministrata come pochi sanno fare. Cose da campioni, insomma. Non da semplici uomini veloci, ma da atleti completi, capaci di fare la differenza nelle corse che fanno la differenza. Un anno fa Boonen si fece applaudire nel Fiandre e poi, una settimana dopo, si fece acclamare nella Roubaix del suo idolo Museeuw. Poi, sempre l'anno scorso, a settembre, sulle strade di Madrid, la gemma più preziosa: la maglia iridata. Boonen eletto corridore dell'anno, ma soprattutto atleta del futuro. Ha tutto per riuscire, per «bucare il video» per piacere: forza, coraggio, talento, fisico: ha tutto. Piace alle donne, soprattutto alle teenager, ma fa girare la testa anche alle mamme. Agli avversari, probabilmente, fa girare anche qualcosa d'altro, ma in certi casi c'è ben poco da dire: Tom è innegabilmente il più forte.
Boonen ha in pratica giocato con gli avversari, ha dato persino l'impressione di contenersi, per non strafare. Ha fatto selezione sul Koppenberg, quando al traguardo mancavano circa 50 chilometri. Una bella frustata delle sue e si è portato via un gruppetto composto da quindici corridori, con i fidi Baguet, Bettini e Pozzato. Assieme a loro anche Ballan, Klier, Van Petegem, Cancellara, Flecha, Petito, Hincapie, Hishovd, Hoste e Kroon. L'azione che decideva la corsa a 33 chilometri dal traguardo, sul quattordicesimo dei diciassette muri in programma, quello di Valkenberg. Parte Hoste, Boonen gli zompa sotto con un balzo felino. Dietro si guardano, mentre i due davanti scompaiono alla loro vista. Fine della corsa. Nella volata finale il povero Hoste prova a sorprendere il campione del mondo, ma è come fargli bau. Boonen vince da campione, tra il delirio generale, sotto gli occhi del Belgio, di Alberto II, del suo predecessore, l'inarrivabile Eddy Merckx, che al pari di Bobet e Van Looy, vinse il maglia iridata la corsa che per i fiamminghi vale una carriera ed è una festa di popolo.
«Mi piace battere i record, mi piace stupire. Hoste era uno degli uomini più temibili, quando è scattato gli ho subito preso la ruota e siamo riusciti a fare il buco. Bettini poi è stato fenomenale, gestendo la situazione alle mie spalle come meglio non avrebbe potuto». E Filippo Pozzato? Bene, molto bene, al pari di Alessandro Ballan, sempre in crescita e concreto.
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