Affari d’oro per chi investe sull’Italia

Puntare sui titoli di Stato ha reso nell’ultimo anno fino al 12%, la Borsa è la migliore in Europa

Affari d’oro per chi investe sull’Italia
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C’era chi immaginava scenari foschi e consigliava di vendere i titoli di Stato italiani, salvo poi ricredersi e chiedere scusa come ha fatto il capo della ricerca macroeconomica della banca americana Citi. Ma la sensazione è che non sia stato l’unico a cambiare idea. Anche perché, finora, chi ha investito sull’Italia nell’era di Giorgia Meloni ha fatto solo gran di affari. Ed è una considerazione che nasce dai numeri, vera sia per chi ha puntato sul debito di Roma, sia per chi ha volto lo sguardo alle migliori azioni di Piazza Affari.

Secondo un indice settoriale di Jp Morgan, chi a fine 2022 avesse acquistato un generico titolo di Stato italiano, reinvestendo le cedole incassate, oggi avrebbe in tasca il 12% in più del valore. Al confronto, averlo fatto con un generico titolo tedesco avrebbe fruttato il 6% di ritorno e con uno americano appena il 2,5 per cento. I nostri titoli sovrani potrebbero correre ancora di più, alla luce di una Banca centrale europea che si prevede sui mercati possa tornare a tagliare i tassi d’interesse nel corso del 2024 e di un’inflazione che scende.

Anche lo spread, il differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i Bund tedeschi decennali, si è sgonfiato a 170 punti base (contro i 215 di inizio anno) con il rendimento del nostro decennale che ha raggiunto i minimi da gennaio (3,78%). Proprio questo aspetto accresce il valore per chiunque abbia acquistato un Btp nei mesi precedenti. E il possibile taglio dei tassi è una buona prospettiva anche per gli italiani che hanno sottoscritto circa 35 miliardi nelle prime edizioni del Btp Valore.

Ma non è solo una questione di titoli di Stato. La Borsa italiana e, in particolare, il suo principale indice azionario, il Ftse Mib che contiene i 40 titoli migliori, è quello che da inizio anno è andato meglio in Europa: +28% a oltre 30mila punti, tornando ai livelli del 2008. Va dunque verso il termine un anno molto positivo per l’Italia, almeno se la si guarda dal punto di vista dei mercati finanziari. Ad avvalorare il tutto si ricordi anche la conferma del giudizio investment grade all’Italia, vale a dire ai livelli più alti che si attribuiscono ai debitori più affidabili, da parte di tutte le principali agenzie di rating internazionali. Compresa quella Moody’s che si temeva potesse declassare il Paese facendogli appunto perdere lo status di titolo investment grade, ma invece non solo non lo ha fatto, ma ha migliorato il suo outlook (le prospettive future) da «negativo» a «stabile» in un’apertura di credito non scontata per un’agenzia che al momento è la più severa in assoluto nei confronti del debito (elevato, ma in calo) del nostro Paese.

Tutto questo avviene nonostante l’Europa, Italia compresa, stia conoscendo un periodo di rallentamento economico. Il nostro Paese ha potuto contare sulla spesa record dei turisti stranieri in Italia che, a fine 2023, supererà i 50 miliardi. Il Centro studi di Confindustria, tuttavia, ha avvertito che «nel quarto trimestre il Pil italiano è quasi fermo» e che sia «i servizi che l’industria restano deboli».

Il rientro dell’inflazione aiuta,

notano gli industriali, ma i tassi di interesse elevati rendono il credito alle imprese «troppo caro». Ma se è vero che i mercati finanziari anticipano sempre l’economia reale, allora c’è spazio per una dose di ottimismo.

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