Il terremoto che sta colpendo la Juventus Football Club in questi giorni ha riportato agli onori delle cronache le plusvalenze, anima dell’inchiesta “Prisma” avviata dalla Procura di Torino. Va detto subito che le plusvalenze non costituiscono illecito di per sé e, al di là della Juventus, sono un metodo usato da molti club calcistici.
Va anche sottolineato che, in principio almeno, il costo del cartellino di un giocatore è difficilmente opinabile perché non esistendo dei parametri inequivocabili che contribuiscono a formarne il prezzo e perché, a volte, gli ingaggi di giocatori seguono logiche di marketing, così come è successo quando l’Inter ha comprato Nemanja Vidić, difensore con un grande seguito in Asia, "acquistando" così anche per il ritorno commerciale che l’operazione avrebbe generato. Il prezzo del cartellino dei giocatori è quindi assoggettato a regole che non sempre hanno a che vedere esclusivamente con il pallone. Occorre quindi definire meglio le plusvalenze.
Cosa sono le plusvalenze
Quando una squadra acquista un calciatore ne inserisce il costo complessivo in contabilità spalmandolo però su tanti bilanci annuali quanti sono gli anni del contratto. È un meccanismo contabile chiamato ammortamento, di fatto un costo, che contribuisce a fare diminuire nel tempo il valore patrimoniale dell’atleta.
Quando la stessa squadra cede il cartellino a un altro club, incassa una somma che di norma è superiore a quella residua riportata in contabilità, conseguendo così una plusvalenza.
Fino a qui nulla di illegale: un giocatore acquistato a 100 e che dopo quattro anni in contabilità rappresenta un valore patrimoniale pari a 20, viene venduto a 45, permettendo alla società che lo ha ceduto di realizzare una plusvalenza di 25 (45 meno i 20 di costo residuo).
Una plusvalenza si verifica anche quando un club cede un giocatore giovane e molto forte, magari proveniente dal proprio vivaio, per un prezzo molto superiore al suo valore contabile. Non è un caso raro e non è neppure illegale, considerando che il valore contabile di un giovane atleta del vivaio può essere persino irrisorio.
Quando le plusvalenze diventano “sospette”
Con il passare degli anni e con l’aggravarsi dei debiti delle squadre, le plusvalenze sono uscite dal controllo, soprattutto le transazioni definite “a specchio”, utili a sanare i bilanci. Due squadre scambiano due giocatori tra loro, pattuendo un prezzo fuori misura e senza movimentare denaro. Inserendo in contabilità il valore maggiorato del giocatore appena tesserato, si aumenta il valore patrimoniale del bilancio andando così a limitare le perdite contabili.
Senza entrare nei casi specifici, diventa sospetta un’operazione di scambio operata tra due club che cedono giocatori giovanissimi per cifre monstre, magari di diverse decine milioni di euro.
Le indagini passate
In passato diverse squadre di calcio italiane sono state oggetto di indagini, tutti ricordano il triangolo Milan–Inter–Genoa che si è sgonfiato nel 2008, proprio perché gli inquirenti non sono riusciti a dimostrare che acquisti e cessioni fossero uscite dalle logiche dei prezzi di mercato.
Nel 2018, invece, il Chievo Verona è stato sanzionato per una plusvalenza riconosciuta come fittizia.
Illeciti amministrativi, che si sono ripetuti tra il 2015 e il 2018 e che hanno legato la società clivense al Cesena, consumati per gonfiare i ricavi e riuscire a iscriversi ai rispettivi campionati anche in assenza dei requisiti necessari. In quell’occasione il Chievo ha ricevuto una penalizzazione di 3 punti in classifica e un’ammenda di 200mila euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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