Borsato, il cronista si racconta

Borsato, il cronista si racconta

«Fare cronaca è l’unico sistema per scrivere la storia». Da questa consapevolezza importante ma non azzardata, eredità di una carriera lunga oltre cinquant’anni, nasce l’ultimo libro di Felice Borsato, «Il cronista», edito da Rai-Eri (pagine 134, 13 euro). Prima di tutto un manuale di giornalismo, dedicato ai giovani che vogliono accostarsi a questo mestiere carico di fascino e qualche illusione, ma non solo. Perché Borsato, sulle colonne del Giornale d’Italia e dalla cabina di regìa del Tgr Lazio, di cui ha diretto la redazione sportiva, ha raccontato i principali avvenimenti che hanno sconvolto ed emozionato Roma. E nella sua ultima fatica letteraria quegli episodi li riporta in vita, arricchendoli di sapienti retroscena, frutto della prospettiva di chi ha avuto il privilegio o la faccia tosta di piazzarsi in prima fila, con il taccuino e la telecamera in mano.
Lo stile è netto, tagliente, godibile. Sia quando elenca in maniera puntuale le regole del mestiere, su tutte «ritenersi sempre impegnati a tempo pieno», «avere buoni rapporti con le fonti» e «non fidarsi di niente e di nessuno». Sia mentre racconta gli istanti successivi al ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani, quando l’autore fu preso a calci da un funzionario di polizia con cui aveva ottimi rapporti, o la lunga agonia di Pio XII nella residenza estiva di Castel Gandolfo e la diretta-fiume per il secondo scudetto della Roma, quello del 1983, con l’intera città impazzita di gioia e Testaccio colorato di giallorosso.
Tutto senza perdere mai di vista, capitolo dopo capitolo, il tempo che corre e, parallelamente, le evoluzioni che hanno cambiato volto al giornalismo: «Oggi con internet e i cellulari è tutto molto più facile - sottolinea Borsato - in passato per comunicare con la redazione bisognava utilizzare i telefoni pubblici. Una volta, in un paese vicino Roma, ce n’era a disposizione soltanto uno in una frutteria, e si doveva fare la guerra con i colleghi per accaparrarselo».
Il senso del libro emerge con chiarezza dalla prefazione scritta da Guglielmo de’ Giovanni Centelles, accademico pontificio di Belle Arti e Lettere: «Queste pagine propongono una riflessione originale sul significato della cronaca in quanto registrazione di accadimenti in successione, documentazione costitutiva della nostra identità collettiva». E ancora: «L’attenzione per la verità fattuale di Borsato si colloca nella memoria culturale collettiva, dove la ricostruzione a posteriori non contraddice il racconto contemporaneo. Dove il ricordo “caldo”, per dirla con Lévi-Strauss, non contraddice il ricordo “freddo”, dove il riordino e l’inquadramento si mescolano alla capacità di aprire nuove prospettive». Tutto ciò senza trascurare il contenuto educativo della lezione del manuale: «Perché - sottolinea Borsato - chi comincia questo mestiere non deve sentirsi menomato se finisce in cronaca, è saggio evitare la prosopopea di sapere già tutto, non c’è palestra più efficace».
L’impegno dell’autore, che ha già pubblicato molti saggi, tra i quali «Longarone anno zero» (1963), «Guerriglia in Calabria» (1971 e 2001), «L’Europa dei 25» (2005), non si ferma qui: a novembre uscirà infatti «La strada per Roma» (Europa edizioni), un libro che mira a far luce su alcuni episodi-chiave avvenuti nel Lazio nel corso del secondo conflitto mondiale, come la distruzione dell’abitato e dell’abbazia di Cassino e lo sbarco di Anzio.

Il tutto raccontato con il taglio tipico di una cronaca giornalistica. Lo si è capito: è questa per Borsato la prospettiva migliore e, probabilmente, l’unica efficace per fare storia tenendo i fatti separati dalle opinioni.

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