Borse, l'Europa brucia 92 miliardi E Piazza Affari perde il 3,06%

Lunedì negativo per tutti i mercati europei. Piazza Affari è stata la peggiore Borsa europea, ma tutti i listini continentali hanno archiviato una seduta molto difficile: l'indice Stxe 600, che registra l'andamento dei principali titoli quotati sui mercati azionari europei, ha ceduto l'1,71%, che equivale alla perdita di 91,2 miliardi di euro di capitalizzazione in una sola seduta. A Milano la perdita è stata di 12 miliardi. Aumenta ancora la pressione sui titoli di Stato italiani: il tasso di rendimento del Btp a 10 anni è salito al 6% e lo spread con il Bund si è ulteriormente allargato oltre 330 punti

Borse, l'Europa brucia 92 miliardi 
E Piazza Affari perde il 3,06%

Milano - Borse del Vecchio Continente a nuovi minimi da sette mesi, con un tonfo che pesa 92 miliardi dopo un calo dell’1,71% segnato dall’indice paneuropeo Stxe 600. Le vendite penalizzano soprattutto Milano (-3,06%), in un mix di vendite sul "sistema Italia" che si concentra in particolare sulle banche, mentre ad amplificare i cali a Piazza Affari interviene anche l’effetto di Parmalat che tratta da oggi senza il dividendo. A livello globale, però, il segnale più importante dei mercati è che cadono nel vuoto i risultati degli stress test europei, diffusi venerdì a mercati chiusi, incapaci di alleviare i timori di un contagio ulteriore alla crisi del debito nel Continente. La Borsa di Milano poi era chiamata a reagire agli sforzi per approvare in tempi record la Manovra finanziaria, ma anche su questo fronte i listini finanziari restano sordi. I criteri scelti per la valutazione delle banche europee incidono pesantemente sul lunedì nero dei mercati, visto che l’ipotesi di un default della Grecia, ormai ritenuto ben più che probabile dagli addetti ai lavori, non è in realtà stata inclusa negli scenari di stress. "Il fatto che non possano includere uno scenario sul debito sovrano rende più difficile prendere seriamente questi risultati", ha commentato un gestore a Bloomberg. I cds, i costi per assicurarsi da un rischio di insolvenza, hanno così preso il volo per i titoli di stato di tutti i paesi periferici: Grecia, Irlanda e Portogallo, ma con nuovi record anche su Italia e Francia. Tra i singoli titoli del Vecchio Continente, i più pesanti sono stati così proprio i bancari, con Deutsche Bank in calo del 3,5%, Barclays del 7% e Banco Comercial Portugues del 7,3%. Tra l’altro un report diffuso da JpMorgan Cazenove ha stimato che siano ben 20 le banche europee che dovranno fare un aumento di capitale. "Restiamo preoccupati sull’effetto secondario della crisi dei debiti sovrani sul finanziamento - ha segnalato la banca d’affari -. Il funding è una preoccupazione cruciale" e senza i giusti assunti sullo stress della liquidità, "il quadro resta incompleto, soprattutto nelle attuali condizioni di mercato". L’analista di Mediobanca Christopher Wheeler ha poi indicato tra le banche che potrebbero dover raccogliere capitali per un valore complessivo di 62 miliardi di euro anche Unicredit, Deutsche Bank, Bnp Paribas, Credit Agricole, Societè Generale, Banco Santander e Credit Suisse. Nella tabella la chiusura degli indici di riferimento delle principali Borse europee. - Londra -1,55% - Parigi -2,04% - Francoforte -1,55% - Milano -3,06% - Madrid -1,44% - Amsterdam -1,92% - Stoccolma -2,18% - Zurigo -1,88%.

Torna a salire lo spread Btp-Bund Sui Btp decennali i tassi retributivi sono saliti al 5,89 per cento, contro un 5,75 per cento registrato venerdì scorso. Questo ha portato a nuovi ampliamenti del differenziale (spread) di rendimento rispetto ai titoli equivalenti della Germania, i bund che fanno da riferimento per tutte le emissioni pubbliche nell’area euro. Questa mattina lo spread Btp-bund risale a 324 punti base, secondo i dati Tradeweb. Materialmente significa che per trovare acquirenti disposti ad assumersene il rischio, le emissioni italiane già scambiate sul mercato devono offrire un rendimento di 3,24 punti percentuali superiori alle tedesche. Su questo tipo di titoli i rendimenti risultano da un rapporto inversamente proporzionale con il prezzo: se questo cala i rendimenti aumentano. Le tensioni risultano generalizzate sulle emissioni di tutti i paesi ell’area euro sui quali vi siano delle criticità di bilancio, e se l’Italia ha un deficit relativamente contenuto risente del suo elevato debito pubblico. Lo spread Btp-bund è ormai poco distante dal recente record dal lancio dell’euro toccato nei giorni scorsi, a 340 punti base. Intanto alla Borsa di Milano a metà mattina l’indice Footsie-Mib segna un meno 1,34 per cento.

I timori del Vecchio Continente E' tutta l’Europa ad essere nuovamente coinvolta in una tendenza ribassista dei mercati, mentre gli attesi stress test sulle banche del Vecchio Continente, i cui risultati sono stati pubblicati venerdì scorso a scambi conclusi, non sembrano esser riusciti a rassicurare gli investitori (le banche italiane sono tutte riuscite a superare queste simulazioni di resistenza). La tensione però non è solo confinata in Europa: negli Usa il presidente Barack Obama ha messo in guardia nei giorni scorsi da un Armageddon economico che si scatenerebbe se con i repubbblicani non si troverà un accordo per aumentare i limiti sul deficit di bilancio. Continua invece ad essere premiato l’oro il bene rifugio per eccellenza che da giorni è tornato al centro di forti acquisti, in concomitanza con le rinnovate tensioni dei mercati: stamattina l’oncia ha segnato un nuovo recordo, superando per la prima volta i 1.600 dollari.

Asia debole su effetto del deficit Usa Le Borse asiatiche archiviano la prima seduta della settimana sottotono, in gran parte influenzate dai timori legati al grande accordo su debito e deficit americano. Complice poi l’assenza di scambi sul listino di Tokyo, chiuso per festa nazionale, i mercati del Far East si sono mossi a passo di gambero: l’indice Msci Asia Pacifico, che sintetizza l’andamento dei mercati di questa macro-area, sta arretrando infatti di circa 0,5 punti percentuali. A guidare i ribassi è la Borsa di Seoul con l’indice principale che ha ceduto quasi 0,7 punti percentuali, lievemente meglio sta andando invece ad Hong Kong (-0,06%), mentre Taiwan ha chiuso in calo dello 0,42 per cento. Tra i titoli più deboli, quindi, quelli degli esportatori verso gli Stati Uniti che risentono del problema deficit. Il colosso dell’elettronica koreano, Samsung, ha perso il 2 per cento, al fianco al produttore di telefonini taiwanese Htc (-2,1%).

Male, per le stesse ragioni, anche il gigante dei semiconduttori cinese, Smi, che è crollato del 7,9%, mentre il quarto colosso mondiale di telefoni, LG, ha perso lo 0,7 per cento. Quotazioni in ribasso infine per il big dell’elettronica Hon Hai Precision (-3%).

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