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Borsellino, fischi a Fini: "Mangano non è eroe"

Il 19 luglio 1992 persero la vita il giudice Borsellino e cinque uomini della scorta. Napolitano: "Si faccia piena luce". Il finiano Granata attacca: "Pezzi di Stato ostacolano le indagini". Il diktat del corteo: "Non vogliamo Schifani". I manifestanti contestano, ma lui: "Mangano non è un eroe"

Borsellino, fischi a Fini: "Mangano non è eroe"

Palermo - Diciotto anni fa Paolo Borsellino, dopo aver pranzato con la moglie e i figli, si recò in via D'Amelio, dove viveva l'anziana madre. Con lui gli uomini della scorta. Un'automobile, una Fiat 126 parcheggiata lì vicino e imbottita di 100 kg di tritolo, scoppiò proprio nel momento in cui passava il giudice. Insieme a lui persero la vita i cinque agenti di scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Solo Antonino Vullo si salvò: stava parcheggiando una delle auto della scorta. A diciotto anni da quella tragica giornata il ricordo del giudice ucciso dalla mafia è ancora vivo. E proprio dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, arriva un duro monito: "Oggi è ancora più doveroso essere impegnati perchè sta emergendo da Caltanissetta che in via D’Amelio non fu solo mafia. Bisogna fare tutto quello che è possibile per individuare eventuali collusioni e complicità".

Il corteo in marcia In serata c'è stata, quindi, la marcia del popolo delle "Agende rosse". Il corteo, partito intorno alle 18 da via D’Amelio, dove è stato ricordato l’eccidio di diciotto anni fa, si è poi diretto all’albero Falcone in via Norbartolo, testimonianza della resistenza alla mafia. Circa mille persone, fra slogan e cori, si sono incamminate portando con sé le agende rosse, simbolo della manifestazione e della voglia di verità, e gli striscioni con le frasi ormai divenute famose: "Le loro idee cammineranno sulle nostre gambe" e "Fuori la mafia, dentro lo Stato".

Contestazione di piazza Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ha spiegato che "si era diffusa la voce che Schifani stava venendo per partecipare al corteo. I giovani, a quel punto, avevano deciso di tornare indietro. Alla fine non è arrivato. Il questore - ha continuato Borsellino - in contatto col cerimoniale di Fini, ci ha chiesto se avremmo gradito la presenza di Fini in via D’Amelio: gli abbiamo risposto di sì, che la presenza del presidente della Camera per noi andava bene e sappiamo che è andato lì". Poi, però, quando è arrivato, il presidente della Camera Gianfranco Fini è stato contestato proprio in via D’Amelio da un gruppo di giovani che ha gridato: "Vergogna". La terza carica dello Stato si è avvicinato ai contestatori per vedere un cartellone sul quale c'era scritto: "Mangano e Dell’Utri a voi, Falcone e Borsellino i nostri eroi". E Fini: "Mangano non è un eroe, è un cittadino italiano condannato per mafia con sentenza definitiva. Gli eroi sono quelli che si sacrificano per lo Stato". Quindi i manifestanti hanno ringraziato Fini per la sua presenza, intervallando il colloquio con il Presidente della Camera con slogan come "Fuori la mafia dallo Stato".

Fini: "Mantenere alta la guardia" "Le istituzioni vanno sempre e comunque rispettate", ha spiegato Fini ricordando che "qui rendiamo omaggio a degli uomini che servivano le istituzioni, poi come è sempre è accaduto purtroppo può capitare che all’interno delle istituzioni vi siano delle personalità che non sono all’altezza del ruolo che è stato loro richiesto". "Compito di una democrazia, e dei movimenti popolari, è tenere alta la guardia - ha ammonito - vigilare, non dare mai giudizi generalizzati, distinguere, perchè non è vero che tutta la politica è sporca così come non è vero che la società civile e l’imprenditoria sono sane". "Bisogna sempre usare la coscienza - ha concluso Fini - e per quel che mi riguarda sono venuto qui quando non rappresentavo nulla, ci tenevo a maggior ragione oggi che sono presidente della Camera dei deputati. Si tratta di coerenza personale". Quindi: "Per la prima volta quest’anno è a tutti chiaro che la strage di via D’Amelio non fu solo mafia -ha aggiunto Fini- credo che fosse doveroso fermarsi a parlare con loro e invitarli, come credo di avere fatto senza alcun problema, a rispondere alla loro coscienza e a ricordare che non si può essere professionisti dell’antimafia, l’antimafia deve essere un atteggiamento quotidiano, morale, politico, economico".

Napolitano: "Fare piena luce" Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in "affettuose telefonate" alle signore Agnese Borsellino e Maria Falcone ha rinnovato sentimenti di "viva solidarietà e profonda indignazione" all’indomani dell’atto "provocatorio e vandalico" dello sfregio delle statue dei due giudici assassinati. E nell'anniversario della strage di via D’Amelio il Capo dello Stato sottolinea che "i risultati conseguiti grazie all’impegno di magistrati e forze dell’ordine vanno integrati da uno sforzo costante e coerente della società civile nell’opporsi ad atteggiamenti di collusione e indifferenza rispetto al fenomeno mafioso. Altrettanto indispensabile - prosegue Napolitano - è il convinto e forte sostegno alle nuove indagini in corso sulla terribile stagione delle stragi che sconvolse il Paese nei primi anni novanta".

Il dibattito nel Pdl A fare scatenare la bagarre non Pdl sono le frasi del vicepresidente della Commissione nazionale antimafia Fabio Granata: "Ci sono pezzi dello Stato, del governo e della politica che fanno di tutto per ostacolare le indagini sulla strage di via D’Amelio e creare condizioni di delegittimazione della magistratura". Poi il finiano continua: "Mi riferisco certamente anche ad oggi". Immediata la reazione di Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl, che tuona: "Faccia subito i nomi". E Granata: "Tutti quelli che attaccano ogni giorno la magistratura di Palermo, delegittimano i collaboratori di giustizia, vogliono tutelare la privacy dei mafiosi, rendere impossibili le intercettazioni ambientali e telefoniche, esaltano come eroici mafiosi conclamati o difendono sempre e comunque politici collusi. Basta scorrere le agenzie e ogni giorno le amiche Santelli e Lussana potranno capire a chi mi rivolgo".

Berlusconi: suo esempio patrimonio di democrazia Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha inviato un messaggio al prefetto di Palermo per ricordare la figura del giudice. "L’anniversario della strage di Via D’Amelio, ove si è compiuto il sacrificio del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, è occasione per rendere commosso omaggio alla loro memoria", ha spiegato il premier. "Il giudice Borsellino è stato un esempio di dedizione allo Stato e di lotta all’illegalità e la sua storia è patrimonio prezioso di civiltà e di democrazia", ha sottolineato. "La prego di rivolgere ai familiari, i sensi di viva partecipazione mia e del governo al solenne ricordo dei Caduti", ha aggiunto Berlusconi.

Alfano: "Ho fatto tutto il mio meglio" Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, assicura che non mancherà mai il suo impegno "istituzionale e personale" per l’accertamento della verità sulla morte di Borsellino e ricorda il giudice ammazzato dalla mafia diciotto anni fa "con spirito costruttivo, con impegno costante e lontani mille miglia da ogni polemica di bottega". "Nel corso del 2010 - afferma il Guardasigilli in una nota - diventeranno maggiorenni i ragazzi nati nel 1992, annus orribilis per la storia d’Italia. Un anno segnato anche dal sangue di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, di cui oggi ricorre il triste anniversario. E proprio a questi ragazzi, a questa nuova generazione va il mio pensiero, al loro diritto di coltivare la memoria per non rivivere la Storia, al loro diritto di conoscere la verità, un diritto condiviso da tutti noi, al loro diritto di ricordare il loro anno di nascita come l’anno dell’inizio della riscossa contro tutte le mafie e non con il segno di una sconfitta".

Grasso: non è stata solo la mafia Pesano come macigni le parole del procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, che ha parlato alla caserma Lungaro di Palermo per ricordare Borsellino: "Non è stato solo mafia, questo lo sapevamo da anni ma non si può parlare di costi di indagine su cose passate. Il problema processuale è ormai quello di trovare gli elementi necessari per accertare la verità. Trovare la verità per la giustizia è l’unico imperativo morale che dobbiamo perseguire".

Grasso non ha voluto esprimere alcun commento sull’inchiesta della Procura di Caltanissetta: "Non parlo di indagini in corso", ha detto il procuratore, chiudendo ogni possibile accenno di polemica.

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