da Roma
Un «buon clima», un «buon lavoro», il «90 per cento delle questioni dovrebbero andare a posto». Dai responsabili del tavolo del programma dellUnione arrivano parole rassicuranti. «Abbiamo lavorato molto bene e proficuamente, e convenuto su molte cose», fa sapere il parlamentare Dl Andrea Papini, incaricato della stesura del programma da Romano Prodi. «Restano solo alcuni punti sui quali, poi, si dovranno pronunciare i segretari», aggiunge lex ministro Tiziano Treu.
Ma i problemi che restano aperti sul tavolo dellUnione non sono esattamente di poco conto: su liberalizzazioni economiche, politica estera e soprattutto Irak e sui diritti civili si è ancora lontani da unintesa. La polemica più aspra è scoppiata ieri sui Pacs, e a innescarla è stato lo stesso Prodi. Che in una trasmissione radiofonica si è lasciato andare ad affermazioni assai acide nei confronti delle manifestazioni indette la settimana scorsa dalla sinistra sulle unioni civili, i diritti degli omosessuali e la difesa della legge sullaborto, delle quali il candidato premier si era già detto «amareggiato». «Quello che cè nel nostro programma - ha ribadito ieri - non sono mica le manifestazioni con certi gesti ed esibizionismi». Immediata la risposta degli organizzatori: «Caro Prodi, questa volta siamo noi a essere amareggiati dalle sue affermazioni», hanno fatto sapere i ds Paola Concia e Andrea Benedino, portavoce di Gayleft. «Siamo rammaricati che lei chiami esibizionista una iniziativa che di esibizionista non aveva nulla. Ci auguriamo che lei sappia interpretare le giuste e sacrosante sollecitazioni di quella bellissima piazza». Insorge anche il segretario di Arcigay Aurelio Mancuso: «Insistere sul supposto esibizionismo è insultante - avverte - verso una parte importante del popolo del centrosinistra, che non potendosi permettere Zapatero o la Bachelet, almeno vorrebbe essere rispettato dal suo leader: Prodi chieda scusa e pensi a come realizzare con serietà gli impegni che si è assunto».
Al tavolo del programma, però, la Margherita ha già reclamato di levare di mezzo la dizione «Pacs», che innervosisce vescovi e consimili, e il radicale Daniele Capezzone protesta: «Lapprovazione dei Pacs è una questione irrinunciabile, anche perché siamo già di fronte a una mediazione, che non è ulteriormente mediabile».
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