Il boss Mandalari finisce in cella, le cosche hanno paura che parli

Arrestato l’esponente della ’ndrangheta che nelle intercettazioni ha mostrato di non rispettare le regole del silenzio imposte dai clan

Il boss Mandalari finisce in cella, le cosche hanno paura che parli

Adesso che Enzo Mandalari, capo del «locale» della ’ndrangheta a Bollate, dopo 139 giorni di latitanza è finalmente in una cella di massima sicurezza, la domanda inevitabile è: diventerà improvvisamente taciturno? O continuerà a chiacchierare come faceva durante i lunghi mesi in cui è stato pedinato e intercettato, fornendo in diretta ai carabinieri uno spaccato straordinariamente esplicito della vita interna della ’ndrangheta al nord? Sarebbe un peccato, se compare Enzo scegliesse di stare zitto. Perché di cose ne sa un sacco, come dimostrano le sue intercettazioni, che sono uno degli elementi di prova decisivi del maxiprocesso ai clan calabresi che la Procura antimafia milanese sta preparando, dopo la ricca retata del luglio scorso.
Enzo Mandalari conosce tutto, nella storia della colonia settentrionale delle cosche di Reggio e dintorni. Ecco, per esempio, alcune delle sue conversazioni finite nei nastri della Procura antimafia.
LE INTIMIDAZIONI
«Compare Rocco, gli dissi, l’abbiamo da provare un pezzo di ferro che la proviamo su questi vetri una sera di queste? Disse: sì, Enzo, lo abbiamo. Gli dissi: allora domani sera veniamolo a provare qua».
LE ESTORSIONI
«Soprattutto, hai capito che mi devi pagare! Perché se no.. Scavallo, oggi, domani ti devo sparare, invece quando dici sì anche per 5000 euro mi sta bene, perché hai capito che devi stare al tuo posto»
I RAPPORTI CON LA CALABRIA
«L’essenziale è che i contatti con là sotto li manteniamo noi. Io questo voglio, poi qua il responsabile lo decidiamo noi. Vogliamo prendere un cretino qualsiasi e fare un responsabile. Lo decidiamo noi»
I PADRI FONDATORI
«Non lo dimentichiamo, non lo dimentichiamo mai... chi erano i primi cinque della Lombardia non dimentichiamolo mai, io lo so e voi lo sapete pure, quindi... quelli erano! Erano Antonio Papalia, Nunzio Novella, Antonio Papalia, mio padre, Pino Neri e Franco Pezzullo (...) Nel 1980 Pino Neri è stato il promotore della Lombardia insieme a Nunzio Novella ed insieme ad altri, oggi è l unico che è rimasto ed è l’unico che può riprendere in mano il discorso».
Come si vede, non c’è da stupirsi che gli altri arrestati nella retata di luglio avessero maturato un certo risentimento nei suoi confronti. Intanto, mentre gli altri soggiornavano in galera, di Mandalari si erano perse le tracce, al punto di sospettare che il conto gli fosse stato saldato nel peggiore dei modi dai suoi stessi complici. Invece i carabinieri lo hanno fermato l’altro ieri a San Giuliano, mentre andava ad un appuntamento con la moglie.
Come si comporterà, adesso? Di sicuro, di cose da raccontare ne avrebbe tante. Storie recenti, come l’irruzione dei clan negli affari della Milano pulita: esempio classico, il modo in cui Mandalari si mangiò la Ricci Light Caffè, società titolare di numerosi bar, strangolata dalle cambiali e dai protesti. O i rapporti con la politica, dove ambiva a ritagliarsi un ruolo.

Ma anche storie remote e mai chiarite, come il misterioso summit che nel maggio 1998, negli Orti di Novate Milanese, vide riunirsi tutto lo stato maggiore della ’ndrangheta milanese nel pieno del sequestro di Alessandra Sgarella, una delle imprese più cupe e misteriose dei clan al nord.

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