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Bossi fa i 68 e vuol portare il mare a Milano

MilanoUmberto Bossi compie sessantotto anni e i leghisti non fanno nulla per nascondergli l'età. Grande torta panna e glassa, bianco e verde Padania, come decorazione il sole delle Alpi e la scritta buon compleanno. Siamo alla festa milanese della Lega a Cassina Anna, periferia nord della città, e Bossi celebra facendo una promessa altisonante: «Porteremo il mare a Milano». Parrebbe una sbruffonata, ma ci sono già progetti in Regione Lombardia per rendere il Po navigabile. Roberto Castelli, viceministro delle Infrastrutture, sa quanti soldi servono e lo dice: «Umberto, devi convincere Tremonti a sganciare due miliardi». Bossi sembra convinto che sia un sogno di cui far innamorare i leghisti che lo ascoltano sotto la pioggerellina milanese: «Potremmo arrivare in barca sul Po dal mare a Milano io e Berlusconi. Per combattere l'inflazione bisogna investire. Se vale la pena i soldi si trovano. Castelli già sta facendo le dighe per rendere navigabile il Po».
Alla festa in cui si traduce dall'italiano al milanés Bossi non è tradotto perché «sarebbe un sacrilegio», come dice l'organizzatore Matteo Salvini, al suo fianco sul palco insieme con Castelli, l'assessore regionale all'Urbanistica, Davide Boni (fiero di compiere gli anni nello stesso giorno del capo), il segretario della Lega lombarda, Giancarlo Giorgetti.
La maglietta simbolo è in inglese. «Padania is not Italy», lo slogan internazionale della Lega. Bossi parla dei lavoratori padani che sono «i più penalizzati dalla crisi, i migliori del mondo e i meno pagati del mondo», assicura che la prossima settimana tornerà alla carica sui salari: «Conta di più la gente di Roma ladrona, gli alleati alla fine ci seguono».
Il culto del «Capo» è il rito più osservato del popolo del Carroccio, gli zelanti lo chiamano «Capo capo», per evitare inaccettabili confusioni con altri dirigenti del partito, rispettati ma di un altro rango. Il Capo capo rappresenta l'unità della Lega, altrimenti messa a dura prova dalle lotte interne tra veneti e lombardi o tra bergamaschi e bresciani. Varese è un po' zona franca, proprio perché è terra di Bossi, nato a Cassano Magnago il 19 settembre del 1941 e trapiantato trentacinque chilometri più a Nord, a Gemonio, due passi dal lago di Varese.
Per i sessantasette anni festeggiò con Silvio Berlusconi, che subito dopo il Consiglio dei ministri del 19 settembre scorso gli fece trovare un rinfresco a Palazzo Chigi a base di tartine. Innaffiate da Coca Cola, la bevanda preferita del Senatùr. L'amicizia resta salda e Bossi dal palco solidarizza con il premier e definisce «disgraziati» i giornalisti: «Berlusconi ha ragione a non fidarsi dei giornali, perché gli hanno rovinato la famiglia. Rimaneva a Roma a lavorare e mi diceva: che torno a fare a casa? Mia moglie non mi parla, i miei figli non mi parlano».
Quest'anno il compleanno si festeggia a Milano, dove i militanti l'hanno preso in contropiede preparando la torta la sera prima. «Padania libera, Padania libera, Padania libera» urla con lui a cena la massa di leghisti riuniti a Cassina Anna, luogo «bonificato» per volontà del Senatùr. Racconta l'agiografia leghista che correva l'anno 1992 quando Bossi entrò per la prima volta in questa cascina semidiroccata. In corso la campagna elettorale per il Comune di Milano, candidato Marco Formentini. Il leader della Lega promise ai militanti che in caso di vittoria, il primo atto del sindaco leghista sarebbe stato ristrutturare la cascina. Formentini, forse per scaramanzia oltre che per obbedienza, arrivato a palazzo Marino eseguì.
I leghisti, neanche a dirlo, considerano il massimo degli onori poter festeggiare a salamella e peperoni col capo che si riposa a cena dopo il comizio. Lui li invita a un'altra serata in compagnia: «Il 2 ottobre venite al Castello Sforzesco a vedere il film su Barbarossa.

Non mi lasciate solo con i politici».

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