Roma - «Devi farti venire un’idea, tu hai fantasia, un modo per tagliare le tasse lo trovi...». Il tono dell’invito è ancora quello di un amico, ma il clima è cambiato tra Bossi e Tremonti. A tavola, l’altra sera in piazza Navona, il capo della Lega ha fatto capire al ministro dell’Economia che non si può più rimandare la riforma fiscale, «sennò al Nord ci mangiano», anche perché Bossi è cosciente che l’«annuncio epocale» di qualche ufficietto ministeriale tra Milano e Bergamo non potrà spostare di molto l’asticella dell’umor nero leghista. Dunque, serve che Tremonti apra la borsa, almeno per un piccolo ritocco che possa essere portato a Pontida, il 19 giugno, come un fatto compiuto per le partite Iva e i piccoli commercianti del nord padano. L’ipotesi che il Carroccio spinge è una compensazione tra un leggero taglio dell’Irap con un aumento dell’Iva sui prodotti di lusso. L’esito elettorale ha avuto l’esito opposto rispetto a quanto speravano in molti.
La comune difficoltà e l’evidenza di un impaccio leghista anche in corsa solitaria ha rinsaldato l’asse con Berlusconi, convincendoli ad andare in pressing comune sul Tesoro, per cercare di invertire il vento agendo sulla pressione fiscale. Bossi è deciso quanto il Cavaliere, perché il rischio è un crollo nelle prossime consultazioni (già con le amministrative 2012). Tremonti però è stato altrettanto chiaro con l’amico Umberto: «La mia serietà non la metto in discussione, io vado avanti, non mi posso permettere di far saltare i conti» avrebbe risposto Tremonti al Senatùr. Il ministro dell’Economia si sente arroccato tra due fuochi, da una parte Berlusconi (con il quale si è abbastanza deteriorato il rapporto) dall’altra la Lega, con cui non si è persa la sintonia, ma non è più quella di qualche mese fa. Se prima Tremonti era il jolly di Bossi, pronto a candidarlo come premier in caso di scorpacciata di voti leghisti (a danno del Pdl), il magro risultato delle amministrative ha ridimensionato di colpo le ambizioni leghiste e di rimando anche le proiezioni su Tremonti, che è tornato ad essere (anche per la Lega) il ministro che taglia molto ma scuce poco. Giocano anche le divisioni leghiste, con una corrente molto forte, quella di Maroni, che non nutre grandi simpatie per Tremonti, visto come antagonista alla possibile premiership di Bobo.
Ma è da Bossi, come sempre, che arriva la rotta. E stavolta la nave punta sul ministro di Sondrio. Dall’entourage economico leghista arrivano analisi più precise circa la rigidità di Tremonti. E riguardano i «tagli lineari», che molto hanno fatto arrabbiare i sindaci (leghisti) virtuosi del nord. «I tagli lineari si facevano in passato, ora ci sono analisi della spesa pubblica molto particolareggiate che permettono di tagliare in modo preciso dove si spreca - spiegano dalla Lega -. Tremonti è bravo per il rigore, ma sullo sviluppo meno...».
C’è anche il fattore tempo, con Bossi che vuole stringere per avere qualcosa di concreto per il «sacro prato» di Pontida. Il piatto forte non può che essere qualche alleggerimento fiscale, insieme al quoziente familiare, il resto lo faranno le altre «novità» che la Lega sta cucinando. Una riguarda, com’è noto, lo spostamento di due ministeri, che in realtà sarà un trasferimento (con decreto interministeriale, cioè senza passaggi parlamentari) di qualche ufficio dei due ministeri leghisti, quello della Semplificazione e quello del Federalismo. Le due sedi potrebbero essere Pontida e Monza. L’altro fronte è quello sicurezza-immigrati. Qui è Maroni ad aver convinto Bossi ad andarci giù duro, paventando anche la possibilità di un decreto anti-sbarchi sul modello spagnolo.
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