Bossi preoccupato dal «tridente»: perdiamo visibilità

Adalberto Signore

da Roma

Che la Lega non gradisca affatto l’ipotesi del tridente - con Fini e Casini che si affiancano a Berlusconi per la campagna elettorale - non è certo un mistero. Al punto che domenica scorsa Roberto Calderoli aveva detto a chiare lettere che «una punta basta e avanza», mentre schierarne tre «non darà luogo ad assist fantastici», ma porterà solo «alla bucatura della palla». «Dopo di che - aveva concluso il ministro delle Riforme - non giocherà più nessuno». Parole, quelle di Calderoli, dietro le quali si scorge tutta l’insoddisfazione del Carroccio. Un malcontento di cui Umberto Bossi ha voluto mettere a conoscenza anche Berlusconi. «Questa storia del tridente - avrebbe detto il Senatùr durante una telefonata al premier nel fine settimana - ci mette in difficoltà perché è chiaro che se la Lega è l’unico partito senza punte rischiamo di perdere visibilità durante la campagna elettorale». Una questione che a via Bellerio non sottovaluta nessuno, visti anche i limiti che i postumi della malattia impongono a Bossi. Perché se fosse per lui il Senatùr si rimetterebbe a girare per le valli del Varesotto e della Bergamasca dalla mattina fino a notte fonda, ma i medici e le ore da dedicare alla riabilitazione impongono regole ferree. Così, Bossi ha deciso di premere l’acceleratore sul federalismo fiscale, prossimo cavallo di battaglia leghista in vista della campagna elettorale. «Se va avanti questa storia del tridente - ha detto ai suoi - allora dovranno tutti sottoscrivere la bozza sul federalismo fiscale che stiamo buttando giù. Al più tardi a gennaio, su questo punto serve un’intesa di tutti i partiti della Cdl».
Sul progetto stanno lavorando Calderoli, il presidente della commissione Bilancio della Camera Giancarlo Giorgetti, il sottosegretario all’Economia Daniele Molgora e l’ex ministro del Bilancio Giancarlo Pagliarini. L’obiettivo è elaborare un testo della Lega da sottopporre agli alleati il mese prossimo. «L’accordo sulla devoluzione - dice Pagliarini - era stato siglato con una bella pacca sulle spalle e abbiamo visto cosa è successo e quanto tempo si è perso in Parlamento». Questa volta, quindi, l’intesa deve esserci prima delle elezioni e il testo «sul quale si farà campagna elettorale dovrà poi andare in Gazzetta ufficiale senza alcun cambiamento». «Il progetto - spiega ancora Pagliarini - si chiama “Catalogna”» perché si ispira al modello catalano «che stanno discutendo a Madrid». Insomma, tutte le tasse, anche quelle centrali, verrebbero incassate da un ente ad hoc da istituirsi in ogni regione italiana. E sarà poi la Conferenza Stato-Regioni a decidere quanto ogni ente locale dovrà trasferire allo Stato. «In questo modo - dice il deputato leghista - si elimina la finanza derivata. Oggi lo Stato incassa, ad esempio dalla Lombardia, e poi trasferisce alla Calabria. Bene, con il nostro progetto si potrà decidere che la Lombardia darà una certa somma allo Stato e la Calabria non darà nulla. Però, ovviamente, poi dovrà vivere solo con le sue tasse». In realtà, però, si sta ragionando anche sul modello canadese che prevede due tipi di imposizioni fiscali, una statale (solo per pochi servizi e per il fondo perequativo) e una locale (che resta per intero alla Regione). In questo modo, i cittadini sanno quanto è destinato al centro e quanto ai servizi che gli vengono forniti sul territorio.

«Ma la discussione - spiega uno degli esperti del Carroccio - è ancora all’inizio, anche perché ci sarà da discutere molto su quali servizi sono di esclusiva competenza delle regioni e quali no». Di certo, nella proposta della Lega sarà previsto un regime transitorio di almeno dieci anni per dare il tempo alle regioni meno ricche di «mettersi in regola».

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