da Milano
La scelta della Lega è nellapplauso che sommerge Umberto Bossi. Quel battimani che ne copre il virgolettato-clou, «non cè nessun motivo per rompere con Silvio Berlusconi». Lo ripete due volte, il Senatur. Che dal congresso della Lega Lombarda spedisce un monito allex presidente del Consiglio: «Gli ho chiesto di non fare accordi senza di noi perché sulla nostra vita vogliamo essere noi a decidere». Pausa. «E Berlusconi ha giurato che non deciderà senza di noi».
Il centro congressi del Leonardo da Vinci in zona Bruzzano, periferia Nord, va giù: i leghisti scandiscono lo slogan «Bossi-Bossi» per un paio di minuti buoni. E mentre Bobo Maroni gli tiene il microfono, lui, il Senatur, si lancia in una boutade, «vuol dire che a furia di pregare le cose vengono». Poi, completa il pensiero: «Silvio mi ha garantito che non vuole il referendum sulla legge elettorale e lho detto anche sui giornali, non solo a me. Sulla legge elettorale noi ci giochiamo il futuro e non possiamo demandare a nessuno la trattativa sul nostro futuro». Messaggio chiaro: «Le alleanze sono ferme, si vedrà poi al congresso federale». Annuncio inequivocabile: «Non sono disposto a scendere a compromessi per confluire in un partito unico». È patto di ferro quindi tra Berlusconi e Bossi sulla legge elettorale che, aggiunge il leader leghista, «non sarà modificata con il referendum». E, comunque, la Lega «ha un asso, quello di andare da sola alle elezioni perché, noi, abbiamo i voti e la forza della Cdl è legata anche al patto con la Lega».
Ma le notizie per il popolo leghista non sono finite qui. Nel giorno in cui Giancarlo Giorgetti è stato confermato segretario nazionale della Lega, Bossi annuncia che il biennius horribilis - quello della sua malattia, del risultato alle Politiche e del referendum sul federalismo - è finito. «Al prossimo congresso federale io mi presenterò come candidato alla segreteria». Stop alle illazioni, «io resto lì ancora un po di tempo e faccio piangere tutti quelli che sperano che molli». Scherza, Bossi: «La Lega lho fatta io, come faccio a mollarla?». Domandina di chi sa «di riuscire a tenere insieme Lombardia e Veneto», di «essere molto amato in entrambe le regioni» e, concludendo, «di «tenere assieme la Lega».
Lo dice e lo ridice nei venti dellintervento dove ripercorre gli esordi della Lega, «ci vuole fede nella libertà per andare avanti». Unavventura politica che il lider maximo condensa in milleduecento secondi e boatos che non si contano: occasione per confidare ai suoi pasdaran di aver pensato, comunque, di mollare tutto. «Quando mi sono ammalato e mi sono svegliato, ho pensato uso sta roba qui per tagliare la corda. Poi, però, ho pensato che se lavessi fatto sarebbe saltato per aria tutto». Sì, aveva «pensato di mollare» ma «guidare la Lega non è impresa facile, ci vuole esperienza e allora ho pensato di rimanere un po di tempo ancora alla guida della Lega. Ue, la Lega lho fatta io e adesso come faccio a mollarla?».
Cè chi piange tra i congressisti, cè chi lo ringrazia e chi scandisce il suo nome. Ma Bossi è già oltre e parla della «sua» Varese, dove «la distruzione del territorio non cè stata grazie al nostro presidente della Provincia» e dove «per fare politica a volte bisogna prendersi qualche rischio. Quando? Ad esempio, nel caso delluniversità dellInsubria le cui sedi erano già state acquistate prima che lallora ministro Luigi Berlinguer firmasse il decreto».
Excursus di storia padana - compresa la svolta ambientalista leghista sulla tematica delledificabilità delle aree verdi - che piombano su un congresso che Bossi definisce «un piccolo congresso con un grande risultato: molti pensavano che, qui, ci sarebbe stata una rottura, difficoltà con ripercussioni anche nelle assise del Piemonte e poi, a cascata, fino allappuntamento federale». Sbagliato.
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