Bossi va in guerra: Roma torna ladrona

Bossi va in guerra: Roma torna ladrona

RomaNapolitano è meglio di Ciampi, «Va’ pensiero» meglio dell’Inno di Mameli, Roma è tornata «ladrona» e deve stare attenta a «non esagerare» contro la Padania, e l’ora di dialetto ha da essere obbligatoria dalle elementari in su.
Dalla consueta Ponte di Legno («Pont de legn», precisa il giornale leghista, la Padania, in edizione vernacolare lumbàrd), Umberto Bossi esplode i consueti fuochi d’artificio ferragostani e scuote dal torpore vacanziero alleati e avversari politici che - dal bagnasciuga - sono costretti a seguirlo sul suo terreno rispondendogli e riempiendo le agenzie di stampa di improvvisate esegesi poetico-musicali su Verdi, Novaro (colui che musicò le parole di Mameli) e «O’ Sole mio».
Le elezioni regionali sono tra meno di un anno e la Lega è già in piena campagna elettorale: la proposta di legge sull’ora di dialetto, così come l’ennesima offensiva anti-Mameli e contro i «nuovi Barbarossa» che da Roma schiacciano l’orgoglio padano sono tutte armi polemiche e di propaganda utili a tener su di giri la macchina del Carroccio e buttarla pronta in pista in autunno. Ieri a Ponte di Legno c’era anche Roberto Calderoli che ha solennemente consegnato a Bossi la prima bozza del testo di legge sui dialetti a scuola: «L’anno scorso - ha detto il ministro per la Semplificazione - a Ferragosto ho portato la bozza del federalismo fiscale che in meno di un anno è diventata legge. Oggi Bossi ha in mano la bozza sui dialetti e vi garantisco che non durerà tanto di più per diventare legge». Il Senatùr si mostra assai soddisfatto e pronto alla pugna: «È ora di finirla di cancellare le nostre cose e la nostra storia: i nostri dialetti devono entrare nelle nostre scuole». Dal Pdl insorge Italo Bocchino: la questione dei dialetti «è ben diversa dal federalismo, non fa parte del programma e quindi non c’è nessun vincolo di maggioranza». Ergo «non ci sarà la nostra disponibilità a votarlo».
Bossi intanto elogia l’attuale presidente della Repubblica: «Preferisco Napolitano a Ciampi. Napolitano è sempre stato ragionevole, non si è mai opposto al governo, e con lui è possibile dialogare». Il capo dello Stato deve essere «il più possibile neutro», e questa «è una cosa importante perché è lui che firma le leggi».
Poi sposta il fuoco contro l’inno nazionale: «Il “Va’ pensiero” lo cantano tutti perché conoscono le parole, non come quello italiano che nessuno conosce». Di Mameli, in sintesi, «la gente ne ha piene le scatole». Il colpo all’inno indigna l’instancabile Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, che giura: «Nessuno lo cambierà».
Bossi rilancia anche sulle gabbie salariali: «Chi non vuole i salari territorializzati - tuona - non vuole l’applicazione del federalismo». Gli attuali modelli contrattuali «appartengono a un’altra epoca, questa invece è l’epoca del federalismo. Cosa vogliono - ha aggiunto Bossi - la secessione? I padani sono 20-30 milioni di persone, siamo brava gente, ma non ci rompete i coglioni». Poi un po’ di pubblicità alla fiction Rai (quota Carroccio) sul Barbarossa: «Resterete a bocca aperta a vedere la storia del popolo padano che è stato sempre conculcato, schiacciato dal dominio centralista romano». Gran finale georgico: l’agricoltura è «abbandonata», nei campi lavorano «solo i vecchi». Lo Stato dovrebbe «dare i terreni ai giovani» perchè li facciano «rendere» e abbiano «una speranza per il futuro».
Dal governo, il viceministro Pdl Adolfo Urso mette in guardia: le uscite leghiste non vanno «sottovalutate», perché non sono «solo boutade estive, è il tentativo di imporre attraverso una nuova egemonia culturale una lettura diversa della storia nazionale, al fine di definire una nuova identità».


Il ministro Sandro Bondi (nella foto) è severo contro le «dichiarazioni propagandistiche, ad uso dei militanti della Lega ma non solo, che indeboliscono e offuscano un serio programma di cambiamento economico, sociale e istituzionale che tutte le forze politiche dell’attuale maggioranza sono impegnate a sostenere».

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