A Milano è in arrivo un luogo intitolato al cardinale Carlo Mario Martini, annuncia il sindaco, Giuliano Pisapia. Più difficile per tutti accoglierne la parola sulle questioni che bruciano. «Non è certamente cammino facile quello di costruire una comunità con i “diversi” anche oggi. Anzi è una sofferenza che è sotto i nostri occhi quotidianamente... Occorre il coraggio di guardare più in là del ghetto del proprio tornaconto». Pensava e diceva così Martini. Siamo a sant'Ambrogio nel 1989 e già il tema dei rapporti con i migranti in arrivo a Milano era al centro del suo Discorso alla città. L'anno dopo l'allora arcivescovo dedicò all'argomento un altro discorso ancora più specifico, dal titolo «Noi e l'Islam». Sono trascorsi oltre venticinque anni.
Si è parlato anche di questo (la citazione è del direttore di Avvenire , Marco Tarquinio), tema persino più problematico che allora, alla presentazione dell'Archivio cartaceo e digitale dell'opera del cardinale, avviato dalla Fondazione Carlo Maria Martini e dalla Fondazione Unipolis per attualizzare pensiero e opere del padre gesuita, grande studioso diventato vescovo. A riportarlo nella nostra quotidianità, accanto al gesuita Carlo Casalone (che lancia anche un appello: «Se qualcuno ha foto o altro materiale, ce lo faccia sapere»), ci sono l'arcivescovo, Angelo Scola, e il sindaco, Giuliano Pisapia. I due sono divisi sul tema dell'accoglienza, con il successore di Martini che preme, ricordando quel che accade in altre parti del mondo, invase dall'Isis, e il sindaco che frena. Un confronto garbato, a distanza ma deciso, che arriva dopo un affondo del sito della Diocesi sul Comune: «Si poteva fare di più».
Oggi parla il cardinale. Parla della «nostra tentazione di guardare da un'altra parte», della «fatica europea» nell'immigrazione. Cita il caso del Libano, Paese che, oltre al mezzo milione di profughi palestinesi ospitati da anni, ne ha ricevuti un milione e mezzo dalla Siria. «Noi stiamo discutendo intorno ai 70mila, gli 80mila. Nessuno dice che dobbiamo essere superficiali e che non ci debba essere una politica europea intelligente e equilibrata, però ci sono delle proporzioni nelle cose che non ci vedono ben figurare». Un eufemismo per dire che facciamo brutta figura con chi vive nel cuore del dramma.
Pisapia, commentando dopo, risponde che Milano ha già dato. Un milione e mezzo di profughi in Siria? «In Libia i profughi sono tre milioni. Il problema è delicatissimo ma ognuno deve fare il possibile nel suo territorio. C'è chi dice di fare campi profughi in Libia (il riferimento è a Roberto Maroni, presidente della Regione ed ex ministro dell'Interno, ndr) ma non si può». E ancora: «Milano ha fatto quel che gli spettava, anche di più, e ne siamo molto orgogliosi ma dobbiamo dare risposte ai cittadini. E non creare una contrapposizione, non vorrei dire tra poveri, ma tra chi ha difficoltà diverse.
I bisogni sono aumentati di tre volte negli ultimi anni e conciliarli deve essere un impegno comune». Insomma, Milano non può fare di più. La sua promessa è che entro la fine dell'anno ci sarà una targa per Carlo Mario Martini.