Bpm, il diktat della Vigilanza: via i sindacati o il commissario

Il «sistema Bpm», che ha il proprio baricentro nei dipendenti-soci, sembra avere le ore contate: Bankitalia avrebbe infatti chiesto al presidente Massimo Ponzellini e al direttore generale Enzo Chiesa di inserire nella bozza del nuovo statuto duale un’articolazione che determini la netta separazione tra l’Associazione degli Amici e la vita della banca. In pratica, niente più «stanze di compensazione» tra la base Bpm e il suo vertice ma anche l’impossibilità per le sigle interne di avere voce in capitolo sul nuovo consiglio di gestione. Un muro quest’ultimo che sarebbe contenuto anche nella bozza di governance che i leader sindacali nazionali, in stretto rapporto con la Vigilanza (che ieri ha visto anche le minoranze Bpm), hanno affidato alle cure di Marcello Messori e Gaetano Presti. In ogni caso si tratta di un diktat durissimo da accettare per i sindacati Bpm, che nella tarda serata di ieri erano ancora rinchiusi insieme agli Amici in un ultimo e accalorato summit con Ponzellini. Chiesa si sarebbe invece trattenuto a Roma per emendare la bozza datata 14 settembre. Il documento sarà, quindi, a disposizione dei consiglieri solo questa mattina, ma la direzione imboccata punta a riequilibrare la ripartizione dei poteri tra sorveglianza e gestione (art. 39 dello Statuto); attenuando i paletti di ingresso previsti.
Oggi al cda si andrà allo show down: è attesa la conta dei voti e, nel caso fosse respinta anche l’ultima bozza, Ponzellini sarebbe pronto a dimettersi, aprendo sostanzialmente le porte al commissariamento. Sul tavolo del board ci sarà anche l’aumento di capitale da 900 milioni-1 miliardo e il concambio per la fusione di CariAlessandria nella Legnano (gli advisor sono Angelo Provasoli e Consulaudit). Resta però da capire come impatterà la sostanziale «sterilizzazione» degli Amici sul progetto di Bonomi, che fino a questo momento è stato il maggiore alleato dei dipendenti-soci: come anticipato dal Giornale domenica, il capo di Investindustrial aveva riempito le caselle del futuro consiglio di sorveglianza suddividendole tra le sigle interne: Bonomi ne sarebbe il presidente, accanto a Marcello Priori, Giorgio Benvenuto, Giovanni Bianchini e Onofrio Amoruso Battista. Un posto del consiglio di gestione, guidato da Chiesa come capo azienda, sarebbe invece per Dante Razzano.
Alla finestra resta Matteo Arpe, pronto a puntellare l’aumento di capitale di Bpm con 200 milioni e il beneplacito sia di Palazzo Koch sia dei leader nazionali di Fabi, Fiba, Fisac e Uilca, che stanno sostanzialmente «commissariando» le rispettive squadre di Piazza Meda.

Durissima Susanna Camusso (Cgil) che ha denunciato «il gioco delle tre carte» di Ponzellini sulla governance richiamando la «linea del rigore» di Bankitalia. Ribadita, al termine del direttivo, anche dalla Uilca di Massimo Masi, sebbene gli interni non possano che vedere di buon occhio la promozione di Chiesa prevista dal progetto Bonomi.

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