Il braccio di ferro continua dal 2005

Il braccio di ferro tra Russia e Ucraina ha radici lontane. La stessa «empasse» si è verificata tre anni fa: l’1 gennaio 2006 Gazprom chiuse le forniture di gas naturale all’Ucraina a seguito di un mancato accordo sui prezzi. Kiev si era detta disposta, infatti, a pagare dall’1 gennaio il prezzo di mercato e non quello virtuale, definito troppo caro, e aveva rifiutato la proposta del Cremlino di pagare per i primi tre mesi dell’anno a un prezzo di favore per poi, da aprile 2006, passare al prezzo di mercato (230 dollari per 1.000 metri cubi). Ma lo scontro risale ancora più indietro nel tempo, precisamente nell’estate del 2005, quando la Russia chiese un forte aumento del prezzo del gas fornito all’Ucraina. In base ai contratti stipulati con il governo ucraino filo russo, Mosca offriva gas a Kiev al prezzo politico di 50 dollari per 1.000 metri cubi.

Ma l’8 giugno, dopo l’annuncio del presidente ucraino di aderire alla Nato, la Russia chiese di rinegoziare le forniture a prezzi di mercato, aumentando il prezzo a 160 dollari e, dopo il rifiuto di Kiev, rincarandolo fino a 230 dollari. La Russia annunciò anche l’intenzione di realizzare nuovi gasdotti in alternativa alle pipiline ucraine che convogliano l’80% delle esportazioni di gas russo verso gli acquirenti europei.

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