La Brambilla assicura: "Respingeremo gli assalti Se cede l’Italia, non ci sarànno né euro né Ue"

Il ministro del Turismo: "L’obiettivo degli speculatori è la politica monetaria continentale. Guai a fidarsi dei catastrofisti, il timone dell’esecutivo è saldo". E rilancia il governo: "Il premier è un combattente: la sua azione non sarà condizionata"

La Brambilla assicura: "Respingeremo gli assalti 
Se cede l’Italia, non ci sarànno né euro né Ue"

Non sarebbe nemmeno il caso di ricordarlo: non è un bel momento per la vita pubblica italiana. I commentatori fanno a gara nel prevedere sciagure e disastri; l’opposizione è eccitata all’idea che Silvio Berlusconi sia sul punto di lasciare per sfinimento; e nella maggioranza, molti si ingegnano per sopravvivere qualora caschi tutto. Nell’incertezza ciascuno si arrabatta come può. Domina il timore di compiere qualche passo falso. Sarà per questo che da alcuni giorni chi ha responsabilità di governo si espone malvolentieri, parla poco o non parla affatto delle difficoltà di cui è cosparso il terreno politico.

Fra i ministri, le donne sembrano le più coraggiose, le più disponibili a dire come la pensano, le più ostinate nel lavoro. Anche se il domani fa paura, pensano al presente e non disattendono ai loro doveri. Una settimana fa, quando eravamo già in piena bagarre finanziaria, abbiamo intervistato Mariastella Gelmini, responsabile della Pubblica istruzione, la quale ha annunciato un progetto: ridurre a cinque gli anni di medicina. E un’intenzione: assumere un certo numero di precari (67mila, addirittura) nella scuola. Oggi abbiamo rivolto una ventina di domande a Michela Vittoria Brambilla, al vertice del dicastero del Turismo. A giudicare dalle sue risposte, la signora deve aver imparato in fretta l’arte di navigare nella burrasca. Ma qualcosa di interessante le è sfuggito di bocca. Ecco il testo della chiacchierata.

Signora Ministro, sulla Stampa, Federico Geremicca ha scritto un articolo in cui prevede uno scossone definitivo che farà crollare, forse domani stesso, un altro pezzo di economia e l’intero governo. Lei ha già preparato le valigie o non si lascia impressionare dal cicaleccio menagramante?
«Agli interventi esterni per sovvertire la volontà popolare siamo abituati. E ritengo che la fonte da lei citata ecceda nel catastrofismo. Il governo ha dimostrato di avere la forza e la capacità per portare a compimento una manovra molto impegnativa. Io farò la valigia quando sarà il voto a decretare che devo andarmene. A parte il cicaleccio e le trame da corridoio, questi sono i fatti... e i menagramo, si sa, votano tutti dall’altra parte».

Davanti alla situazione che si deteriora ogni giorno, che tipo di discorsi fa con Berlusconi? Ha potuto capire se lui ha qualche carta importante da giocare per raddrizzare il timone?
«Il timone del governo è talmente dritto da riuscire a condurre in porto un’azione che risponde con efficacia a tutti gli attacchi di questi giorni non solo contro l’Italia ma anche contro la moneta europea. E aggiungo che con il presidente Berlusconi e gli altri ministri si parla solo delle cose che stiamo facendo e di quel che dobbiamo ancora fare. Di tutto il resto, compresi i gossip, non ce ne frega nulla».

Lei è l’unica nel governo ad essere riuscita a piazzare un provvedimento autenticamente liberale: cioè la flessibilità dei giorni di apertura e degli orari dei negozi nelle città d’arte e in quelle turistiche. Non sarebbe il caso di estendere il provvedimento, lasciando a ciascun commerciante la facoltà di gestirsi come gli pare?
«Certamente. Del resto, è da quando sono entrata in politica che mi batto perché si realizzi un reale e strutturato processo di liberalizzazioni e di privatizzazioni, che è poi quanto serve all’economia per crescere. Ma è una lotta estenuante perché bisogna combattere contro anacronistiche logiche corporative che i governi di sinistra non hanno fatto nulla per sradicare».

Come mai la famosa rivoluzione liberale è rimasta lettera morta?
«La crisi economica ha purtroppo imposto anche al nostro governo priorità diverse da quelle che erano state in precedenza enunciate. Oggi l’area dell’euro è sotto attacco ed è compito dei Paesi che fanno parte dell’Unione difendere la nostra moneta e i fondamentali delle nostre economie».

Quasi tutti i commentatori giudicano la manovra di Tremonti penalizzante per le famiglie e non risolutiva del problema debito pubblico. Qual è la sua opinione?
«Chi sostiene questa tesi non si rende conto dei gravi rischi che il nostro Paese sta correndo a causa dell’enorme debito pubblico. I commentatori dovrebbero prendersela con i governi che con le loro dissennate politiche hanno permesso di accumulare, negli anni, un debito così devastante. Io penso che il governo non potesse fare di più e di meglio di quel che ha fatto».

Quante e quali sono le cause delle principali difficoltà dell’esecutivo?
«Penso che, in questa strategia destabilizzante, la parte più politicizzata della magistratura abbia avuto un ruolo primario. Come non vanno sottovalutati gli effetti prodotti dalla crisi economica che ha, di fatto, impedito al governo di realizzare, nei tempi che erano stati previsti, i punti più qualificanti del suo programma di riforme».

Quanto pesano sull’efficienza del governo le preoccupazioni personali di Berlusconi, sempre accerchiato da avversari più o meno scorretti?
«Pesano meno di quanto non si creda e molto meno di quanto scrivano i giornali. Silvio Berlusconi è un combattente dalle spalle larghe e con un grande allenamento nel respingere le bordate, che non condizionano né potranno condizionare l’azione di governo».

Fino a un paio di settimane fa l’Italia sembrava lontana da ogni pericolo di instabilità finanziaria, poi all’improvviso si è trovata al centro della bufera. Cosa ha determinato questa svolta negativa?
«Io penso che l’obbiettivo di questi assalti non sia l’Italia, ma l’euro e la politica monetaria dell’Unione. Perché è evidente che non potrebbe più esserci né moneta europea né Europa senza l’Italia. E credo che si sia sottovalutata la forza dei poteri finanziari che da tempo operano per distruggere il progetto europeo».

Si parla ogni due minuti di governo tecnico. È un’ipotesi realistica?
«Per fronteggiare problemi così seri i cosiddetti governi tecnici sono del tutto inadeguati e, difatti, in Europa non c’è Paese che abbia pensato ad un’eventualità del genere. Le vere emergenze possono essere gestite solo dalla politica».

Con Alfano segretario, il partito si dovrebbe riorganizzare ed essere più unito, più forte. Questo in teoria. Ma in pratica cosa succederà?
«Una forte accelerazione del programma organizzativo sul territorio, che coinvolga tutte le risorse del partito e in maggiore misura la nuova classe dirigente rappresentata dai quarantenni. E poi certamente la scelta dei responsabili di tutti gli organismi territoriali attraverso il sistema delle primarie».

Quali sono le cose che funzionano bene nel partito e quali non funzionano affatto?
«I punti di forza sono il suo leader, il massimo conquistatore di consensi che esista nel panorama politico, e quel sistema di valori, al quale anche Angelino Alfano ha fatto riferimento, che sono condivisi dalla grande maggioranza degli italiani. Il difetto è quello di non aver avuto abbastanza tempo per lavorare alla formazione di una classe dirigente sul territorio. E poi l’incapacità di comunicare pienamente i risultati raggiunti dall’attività di governo. Ma questo non è tutta colpa nostra...».

Lo stato di salute del turismo italiano è migliorato, peggiorato o è stabile rispetto al giorno in cui lei ha assunto la responsabilità del ministero?
«Nonostante la crisi economica, in questi due anni il turismo italiano ha realizzato performance migliori di tutti i Paesi europei, dimostrando di essere un asset indispensabile per lo sviluppo della nostra economia. L’Italia è tornata in cima alla classifica dei Paesi più attrattivi per i turisti di tutto il mondo e ha saputo migliorare e ampliare la sua offerta».

Quali sono le cose che ha fatto per incrementare il settore e quelle che rimangono da fare?
«Solo negli ultimi due mesi è diventata legge la prima riforma del turismo della storia della Repubblica. Un testo che riconosce tutele, trasparenza e assistenza al turista, che sostiene le imprese e che ristruttura la nostra offerta per renderla in grado di competere nello scenario internazionale. Mentre stiamo erogando 118 milioni di euro al territorio per finanziare progetti di eccellenza per il settore, abbiamo poi messo sul piatto anche tre miliardi e seicento milioni di euro che sono da subito a disposizione dei nostri bravi operatori per investimenti e riqualificazione. Resta il problema del potenziamento delle infrastrutture, sul quale siamo fortemente impegnati».

Quali sono i motivi che inducono gli italiani a fare le vacanze all’estero anziché qui? E quali sono quelli che scoraggiano gli stranieri a venire da noi?
«A dire la verità, anche quest’anno, la stragrande maggioranza delle vacanze degli italiani (l’80%) ha come meta l’Italia. Sarà merito del fatto che il nostro è il più bel paese al mondo, e che la nostra offerta turistica ha saputo migliorare i servizi e attuato una politica di prezzi più efficace, e forse anche degli spot che continuiamo a trasmettere. È altrettanto vero che proprio l’anno scorso e nei primi sei mesi del 2011 abbiamo assistito ad un incremento notevole di flussi dall’estero».

Il Mezzogiorno in particolare non è capace di sfruttare il turismo che, invece, potrebbe essere una miniera d’oro e arricchire zone attualmente depresse.
«Recentemente sono arrivati da alcune aree del sud segnali molto confortanti, che segnano un cambiamento di tendenza. Certo il problema ora è quello di dotare il sud di un sistema di servizi che sappia intercettare sempre di più la domanda internazionale. Così come di risolvere la palese incapacità di utilizzo dei fondi europei o statali da parte di varie amministrazioni locali».

Molti si chiedono se Michela Vittoria Brambilla si occupi di turismo o di animalismo. Sono due cose inconciliabili?
«Non lo sono. Io mi occupo anche dell’immagine del nostro Paese. E devo difenderla dall’inciviltà. I maltrattamenti agli animali, suppongo tutti convengano, sono pubblicità negativa in un contesto internazionale nel quale si registra una crescente sensibilità nei loro confronti».

Ma sì, ci parli un po’ di bestie. Non mi riferisco a quelle che frequentano il Palazzo, ma a quelle che lei ama.


«Le ho sempre amate tutte - quelle a quattro zampe s’intende - e sto cercando di difenderle dalle insidie di una società che troppo spesso mostra di non avere nei loro confronti alcun rispetto. Ma, le confesso, ho perso la testa per una tigre, la più bella del mondo. E mi risulta che il nostro amore sia oramai di dominio pubblico. Ma forse voi ne sapete qualcosa...».

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