LA BRAVA FERILLI NON BASTA A «DALIDA»

Qualcuno che la prende ancora in giro lo si trova, che ironizza sull'accento romanesco, sull'indole ruspante, sulle sue velleità di proporsi come «la nuova Magnani», sul fatto che venderebbe l'anima per poter recitare pure lei una scena simile a quella famosa di Roma città aperta in cui la generosa popolana Pina rincorre una camionetta e viene falciata dalle mitragliate dei tedeschi che stavano portando via il suo uomo. Eppure poche attrici sono migliorate tanto e in poco tempo come Sabrina Ferilli, che nel giro di una manciata di anni ha saputo diventare una protagonista molto credibile di differenti tipi di fiction, da quelle più spensierate in stile Commesse (che peraltro non le consentivano di esprimersi compiutamente) sino alle parti drammatiche o comunque intense delle sue ultime apparizioni televisive. Ultima in ordine di tempo è Dalida (domenica e lunedì su Canale 5, ore 21) dove la sua bravura spicca a maggior ragione se la si commisura alla sostanziale modestia del copione, assai schematico e riduttivo come lo sono gran parte delle fiction celebrative, in cui al rischio agiografico sempre in agguato si somma la patinata superficialità della ricostruzione biografica. Questa coproduzione italo francese firmata da Joyce Bunuel non riesce a sottrarsi alle difficoltà di rendere l'omaggio fedele alle aspettative, si accontenta di restituire al mito di Dalida solo qualche istantanea fotografica, mettendo insieme uno in fila all'altro qualche episodio emotivamente forte, catturando qua e là qualche brandello di verità umana senza inserirla in un compiuto disegno narrativo. E c'è davvero voluta tutta la passionalità espressiva della Ferilli, la sua tempra scenariale, l'abilità nel padroneggiare le sfumature caratteriali, per tenere in piedi la baracca e non farla naufragare. (Comunque è stata battuta da La moglie cinese di Raiuno che ha vinto la serata con il 22.16 di share contro il 21.48 di Dalida). Tanto che la fiction è piaciuta persino a quegli schizzinosi dei nostri cugini francesi, allorché è stata mandata in onda sui loro schermi qualche mese fa. E se è piaciuta, e se anche il fratello di Dalida si è mostrato toccato dall'interpretazione della nostra attrice, e se la stampa francese non si è lasciata andare ad alcuna accusa di lesa maestà ma ha anzi elogiato il modo in cui la Ferilli si è calata in uno dei miti canori più tormentati degli ultimi decenni, significa che il piccolo miracolo è avvenuto. E che la Ferilli ha saputo tenere la scena facendo spesso dimenticare le lacune della fiction.

Il che, per qualsiasi attore, è una nota di merito che vale forse di più, in termini di soddisfazione personale, di una bella interpretazione favorita da un contesto pregiato in cui tutto funzionasse alla perfezione, dalla regia alle luci, dalle musiche alla sceneggiatura, sino alla scelta dell'ultima delle comparse.

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