
La nostra libreria preferita ha molte stanze e diversi angoli volutamente immersi in una perenne semioscurità. Come delle specie di nicchie, o di rifugi. E quando, come in questo momento, la guerra sembra avvicinarsi con le sue mani adunche, quelle nicchie ci appaiono come altrettanti corridoi pieni di porte capaci di condurci in un mondo diverso da quello in cui vivo. In tempi grami, la cultura appare come la possibilità di un mondo che è stato, e potrebbe tornare a essere, migliore, ma che nel presente non esiste. Chiamiamola evasione, entertainment. Ma è una storia antica, fin dal tempo di Epicuro. Con un'aggiunta. Questo mondo può, sì, scoppiare come una bolla di sapone "all'apparir del vero", come diceva Leopardi, ma può anche assumere una valenza sistemica - come una specie di spin-off del mondo dal quale vorrebbe farci evadere.
Chi ha visto Matrix (immagino quasi tutti) può ben comprendere la differenza che c'è tra un sogno, da cui ci si risveglia, e questa iperrealtà gradevole, che è il prodotto dell'orrore estremo, da cui viceversa è assai difficile risvegliarsi. In una di queste nicchie piacevoli, profumate di carta, il mio libraio mi propone di leggere un volumetto intitolato Ipnocrazia (ed. Tlon, pagg. 125, euro 13). Non cito il nome dell'autore perché secondo me non esiste - non solo nel senso che non esiste l'essere umano che corrisponde al nome dichiarato dal frontespizio, ma perché quasi certamente non esiste nessun autore. Ne fa fede il nome del traduttore, che è uno dei due editori.
Ho letto, recentemente, un paio di racconti di cui io sono l'autore, che ho commissionato per uso personale a Chat Gpt, che conosce tutto ciò che ho scritto anche meglio di me (io dimentico, Chat Gpt no). Ipnocrazia condivide il tipo di intelligenza (la chiamo così per intenderci) che ha generato quei racconti, con la differenza che quello che per me era solo un passatempo, qui è un programma editoriale ben preciso. Il libretto è piuttosto interessante, anche se nessuna delle sue frasi possiede il dono dell'originalità. Spiega che il nuovo regime dei Trump e dei Musk opera direttamente sulla coscienza, senza interdizione alcuna dei corpi (beh, le deportazioni degli immigrati negli Usa, con tanto di catene...) né dei pensieri (beh, la guerra di Trump contro le università americane...).
Diventa più credibile quando parla della sostituzione del senso della realtà con un sogno guidato. Anche se forse sopravvaluta due individui come Trump e Musk, corpi più o meno pensanti che possono ordire, come tutti noi, le loro reali cazzate - sia pure su un raggio maggiore rispetto al nostro.
Intendiamoci. Il sogno guidato esiste, eccome, ma esiste da tanto tempo, ed è così radicato nella natura umana che tutte le novità, inclusa l'IA, non sono altro che dei pendant. A lanciare il sasso fu Platone nel Fedro, quando mise in guardia i futuri lettori sull'ambiguità della scrittura - prima pietra dell'IA - come fattore corruttivo del Linguaggio (logos) inteso nella sua struttura originaria. Poi fu inventato il Giornalismo, dove mistificazione e ricerca della verità sono state obbligate a camminare per sempre insieme, come cavalli legati a un unico carro.
In tutti i casi, il suggerimento che Ipnocrazia ci offre al termine del primo (e fondamentale) capitolo è quello di evitare di smascherare le simulazioni, visto che anche i gatti si sono messi a parlare un ottimo inglese classico. La prima mossa della libertà, ci suggerisce il libretto, è di costruire le nostre simulazioni in proprio e "abitarle".
Il suggerimento non è stupido, l'algoritmo ha lavorato a dovere. Se oggi è ancora facile scoprire se un video è originale o prodotto dall'IA (vedi gatti parlanti), non è detto che potrebbe esserlo tra sei mesi. Può essere dunque più saggio combattere il sogno guidato in cui ci troviamo sostituendolo con i nostri sogni, così da ridurre la pervasività dell'ipnocrazia e ricondurla alla sua relatività, ossia al suo valore di mercato. Ogni merce ha il valore che noi le attribuiamo, vale i soldi che siamo disposti a spendere.
Già. Ma poi chi ci salverebbe dai nostri sogni?
Esploro il sito dell'editrice Tlon, che, a parte una dieresi, riprende il titolo del racconto più anomalo di J. L. Borges, Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, con cui si apre la raccolta Finzioni. Il catalogo è ben calibrato su un'idea che definirei "autoriale", una specie di evoluzione di Adelphi, che ne resta il modello di fondo - ossia un catalogo che esprime la precisa idea del mondo propria del suo fondatore (nel caso di Adelphi, Roberto Calasso).
La lettura del catalogo di Tlon e delle sue diverse collane insinua in noi lo stesso senso di malinconica solitudine che aleggia nel racconto di Borges (scritto tra il 1940 e il '47), che racconta di una sorta di congregazione pseudomassonica impegnata, con enorme dispendio di capitali, nella realizzazione dell'enciclopedia di un mondo (Tlön, appunto) del tutto inesistente e nondimeno dotato della sua geologia, geografia, storia, città, lingue, letterature, scuole di pensiero. Un mondo così affascinante da catturare l'interesse del mondo reale al punto da essere assunto come vero, a preferenza dell'altro, così che il mondo reale si trasforma, piano piano, in Tlön.
Ma Borges aggiunge dell'altro. Il fascino di Tlön, dice al termine del racconto, dipende dalla sua assoluta coerenza. E prosegue: "Inutile rispondere che anche la realtà è ordinata. Sarà magari ordinata, ma secondo leggi divine - traduco: non umane - che non finiamo mai di scoprire. Tlön sarà un labirinto, ma è un labirinto ordito dagli uomini, destinato a essere decifrato dagli uomini".
La letteratura e la filosofia non possono proporre rimedi o rifugi al caos nel quale siamo immersi, né rincorrere a perdifiato un fermo-immagine di un mondo troppo veloce.
Possono però, e lo fanno da sempre, andare a caccia di quelle sconnessioni, di quelle crepe, dietro le quali, oltre tutti i nostri labirinti, si possa ancora catturare un lembo, un barbaglio della vera realtà vera. Della cui esistenza ci sono garanti le sue stesse mistificazioni.