Mentre decidiamo la pena più equa per i farabutti romeni che hanno stuprato a Guidonia in una squallida strada di campagna, potremmo dedicare un po' della nostra riflessione anche al giovane connazionale che ha stuprato a Roma, capitale d'Italia, durante una festa affollatissima, la notte di Capodanno.
Rispetto ai criminali d'importazione, costui è un ragazzo senza retrogusti di abbruttimento culturale, è uno dei nostri: ha avuto un'educazione, ha il benessere, dovrebbe avere il senso del bene e del male. Adesso scopriamo persino il risvolto assurdo: la sera stessa del suo vergognoso crimine, predicava come un ministro delle politiche giovanili. Davanti al microfono di «Studio aperto», che raccoglieva umori in attesa della mezzanotte, il buon Davide Franceschini diceva assieme a una cugina le cose più edificanti: divertiamoci qui, non prendiamo roba brutta, evitiamo di salire in macchina, eccetera, eccetera, eccetera. Un libro stampato. O un attore nato.
Quando Ilaria Vigorelli, la giornalista che lo intervistò quella sera intorno alle 23, se l'è ritrovato davanti su una foto di giornale come autore dello stupro, l'ha subito riconosciuto. Ancora adesso, la cronista ricorda perfettamente che quel ragazzo le era sembrato subito molto euforico, sopra le righe, le pupille già dilatate da chissà cosa...
Ventitré anni, tatuaggio d'ordinanza sul braccio, cappello da cow-boy, canottiera nera, croce al collo (ma lo sa questa brava gente che significa la croce?), il giovane Davide non è rumeno, ma poche ore dopo aver dispensato buoni consigli in video compie la stessa, abominevole, disumana porcheria dei romeni di Guidonia. Con una differenza niente affatto secondaria: lui viene da una buona famiglia, che evidentemente gli ha insegnato cosa bisognerebbe fare e cosa non bisognerebbe fare. Lo dimostra lui stesso parlando davanti al microfono. E allora, perché arriva a violare la dignità suprema di una ragazza, massacrandola in uno squallido bagno della festa di Capodanno?
A distinguere nettamente il crimine di Davide da quello dei coetanei romeni, in fondo, sono solo alcol e polvere. Davide diventa nella sera di Capodanno quello che tutte le sere, alle diverse latitudini d'Italia, tantissimi nostri ragazzi ormai inesorabilmente diventano: zombie senza coscienza e senza freni inibitori. Anche se il mondo adulto ne parla malvolentieri, perché tanta parte del mondo adulto questo problema imbarazzante ce l'ha in casa, è il problema numero uno delle generazioni più giovani. La nostra sensibilità non dovrebbe lasciarsi turbare troppo dal cinque in condotta: la vera tragedia nostra, strisciante e taciuta, è lo squallore delle notti. I Davide che alle 23 sono già abbastanza svalvolati, ma comunque ancora in grado di discernere cosa è giusto e cosa non è giusto, col passare delle ore s'incamminano come ebeti incoscienti verso un inesorabile destino da Mister Hyde, senza autocontrollo e senza autodifesa. A quel punto, tutto è possibile. Se Mister Hyde fiuta la preda inerme, non ha possibilità di fermarsi. Se rinsavisce, quando rinsavisce, è già il giorno dopo. Guarda caso, al momento di confessare, lo stesso Davide batte sullo stesso tasto: di quella sera ricordo poco, ho solo dei flash.
Se non fosse che purtroppo la sua preda ricorderà per sempre, benissimo, nei dettagli più devastanti, Davide potrebbe persino invocare l'attenuante regolarmente invocata dagli avvocati: ero incapace d'intendere e di volere. Ma si torna sempre allo stesso punto, lo stesso che raggiungiamo quando un ubriaco investe e ammazza sulle strisce intere famiglie.
In attesa di sciogliere questo dilemma, la storia di Roma conferma che un altro dubbio è invece certissimamente risolto, già da tempo: l'Occidente non rischia di morire per gli attacchi dell'Islam, ma per il subdolo fascino di beveroni atomici e di una stupidissima polvere bianca.
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