La prima volta che Antonio Di Pietro, come ministro, aveva parlato della Brebemi, aveva definito lautostrada, con poca lungimiranza, «inutile e dannosa». Niente di più sbagliato e perfino lui si era dovuto presto ricredere. Tanto che ora cambia idea e incolpa il governo «di farsi bello con il lavoro degli altri». «Accuse inconsistenti» rispedisce le critiche al mittente il ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli.
Ieri, dopo anni di scontri e intoppi, la Brebemi ha finalmente visto la luce ed entro la fine del 2012 collegherà Milano, Bergamo e Brescia lungo un percorso di 62,1 chilometri. Non ci saranno più code al casello e file chilometriche di auto che procedono a passo duomo: si calcola che i 60mila automobilisti attesi ogni giorno trascorreranno in macchina un terzo del tempo che ci passano adesso. Per di più, i costi dellautostrada, pari a 1,6 miliardi di euro, non graveranno nemmeno per un centesimo sulle casse dello Stato poiché lopera è stata interamente realizzata in project financing. Insomma, la Brebemi inaugura un metodo di lavoro nuovo che anticipa i toni del tanto agognato federalismo infrastrutturale. Ce lhanno messa tutta i vertici della Regione Lombardia per accelerare i tempi e sbloccare liter burocratico che rischiava di incancrenirsi sul progetto preliminare. Ma hanno dovuto penare fino allaltro ieri, vigilia dellinaugurazione del primo cantiere. «La Corte dei conti - accusa Formigoni - ci ha messo un mese per registrare la delibera del Cipe di giugno». E se non ci fossero stati intoppi, ricorsi e contestazioni, i cantieri avrebbero potuto essere avviati già due anni fa. «Il ricorso assolutamente infondato dellUnione europea - è critico Formigoni - ci ha fatto perdere almeno un anno e mezzo. È stato per altro un attacco a freddo immotivato, dettato solo da ragioni ideologiche».
Da qui la richiesta, forte, di rivedere le regole per approvare i progetti delle grandi opere. Ci vogliono tempi più brevi, procedure più snelle. «Non si capisce - spiega Formigoni - perché le istruttorie debbano essere ministeriali anche quando si tratta di unopera finanziata interamente con fondi regionali. E non si capisce nemmeno perché si debba passare dal Cipe, visto che lo Stato non ci mette un soldo».
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