«Bresso come Milano Il governo ci lascia soli col problema profughi»

La rivolta dal comune confinante ha bloccato la città Il sindaco Pd: «Questa soluzione dev'essere provvisoria»

Profughi arrabbiati, residenti in apprensione, istituzioni che non ce la fanno. Nell'emergenza migranti Bresso è l'epicentro delle tensioni. Un Comune di 26mila abitanti collegato senza soluzione di continuità a Milano e ad altri centri della prima cintura, oggi è sotto i riflettori per la protesta dei richiedenti asilo, sistemati nel centro della Croce rossa, a due passi dal parco che nel 2012 ospitò il grande raduno mondiale delle famiglie con Papa Ratzinger.

Sindaco Vecchiarelli, i migranti due giorni fa sono scesi in strada a protestare, bloccando la zona di viale Testi a Milano. Cosa è successo?

«Quel che è accaduto non mi stupisce. Il centro accoglie profughi da ottobre. E vivere in tenda non è una situazione comoda».

Ma le è piaciuta la scelta di bloccare le strade?

«No, non mi è piaciuta ma devo anche dire che nel centro altre persone, vedendo quella protesta, hanno detto “io non c'entro nulla”. Due terzi erano dentro, un terzo è sceso in strada a protestare, quando c'erano già i giornalisti, il che vuol dire che era preparata».

Dai giornalisti?

«No, i giornalisti hanno fatto il loro lavoro».

Ma lei stesso ha lanciato un allarme.

«Io dico che quella è una situazione che deve essere superata. Ero stato contattato e avevo detto che abbiamo raggiunto l'equilibrio».

Non potete accogliere più nessuno?

«Il campo è stato creato a ottobre, in una notte, sono state montate 24 tende. È vero che si trova fuori dal centro abitato, ma lì vicino c'è il parco Nord, un centro scolastico, l'aeroporto».

Quante persone ospita oggi il centro?

«Circa 300».

Ma qual era il suo scopo? Dovrebbe servire a ospitare persone in casi di emergenza?

«Questo non lo so. Il centro è nella disponibilità del ministero, non del Comune. Io sono stato informato allora e ho comunicato il tutto al Consiglio comunale».

I suoi concittadini saranno preoccupati.

«Sì, certo, la gente è infastidita ma al momento non è stato registrato alcun episodio riconducibile a queste persone. Se poi qualcuno mi dice “hanno fatto pipì nel parco”...».

Sembra molto preoccupato di non confondere le sue critiche con quelle del centrodestra.

«Io capisco anche la polemica politica, capisco che si voglia strumentalizzare, ma io devo dare risposte istituzionali. Preciso tuttavia che il trattato di Dublino fu firmato in un momento diverso, in cui ministro dell'Interno era l'attuale governatore della Regione Lombardia».

Lei ha una posizione diversa da quella della Lega.

«Dobbiamo distinguere i richiedenti asilo e i clandestini. L'Italia ha 60 milioni di abitanti, stiamo parlando di 70-80 mila persone».

Vuol dire che non è un'invasione?

«No, non è un'invasione. C'è la percezione di un'invasione, e questo è il segnale che questa situazione la possiamo gestire meglio».

Lei cosa vuol dire a chi gestisce questo problema?

«Che questa situazione è stata temporanea non può diventare permanente, o definitiva. Io ho sempre manifestato preoccupazione».

Cosa chiede?

«Possibile che non possiamo individuare strutture più adatte? La Grande Milano, possibile che non sia interessata? Che non si trovino strutture fisse? Ex caserme...».

Sta dicendo che Milano scarica su Bresso il peso del problema?

«No, non parlo di Milano. Il Comune di Milano sta facendo la sua parte. Milano è stata lasciata sola, come Bresso nel suo piccolo. Io rispetto il lavoro che stanno facendo prefettura e questura».

Come Palazzo Marino ce l'ha col ministro? Ma di un

governo del Pd?

«Il governo deve affrontare meglio il problema, velocizzando il percorso per rilasciare i documenti, che oggi prevede tempi lunghi. E in Europa servono parole diverse. Le etichette politiche non mi interessano».

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