Breve o lungo, comunque appassionante

Il Novecento. Il secolo perfetto per far discutere gli storici e gli studiosi. Vuoi per l’inevitabile cecità prospettica (ci è ancora molto vicino), vuoi per battaglia ideologica (gli storiografi liberali e quelli marxisti si sparano ad alzo zero e a palle incatenate), vuoi perché qualcuno s’è addirittura immaginato, con un po’ di superbia, che proprio in questo finale di millennio ci sarebbe stata la fine della storia (e per fortuna si è sbagliato alla grandissima). Ecco, allora proviamo a guardarlo sotto un angolazione diversa questo secolo appena trascorso.
Invece di litigare sulla sua lunghezza o brevità (l’idea che il secolo sia in realtà iniziato nel 1914 e finito nel 1991 è di Eric J. Hobsbawm), invece di prendercela con Francis Fukuyama (le cui teorie sono rimaste sotto le macerie delle Torri Gemelle) concentriamoci sulla vertiginosa accelerazione degli eventi. Guardiamo al Novecento come al secolo veloce. In questo aiuta molto l’impianto agile, pieno di immagini e per certi versi «multidisciplinare» di Novecento. Il XX secolo e le sue storie.
Basta lasciar scorrere le immagini dei fascicoli (come fossero un cineografo) per rendersi conto che bastano una quindicina d’anni perché l’aereo di tela e cavi dei fratelli Wright, che procede a balzelloni, si trasformi in una tremenda macchina da guerra. Un’altra manciata d’anni e le città sono polverizzate da enormi stormi di bombardieri con motori da migliaia di cavalli. E dalla scoperta del protone da parte di Ernest Rutherford (ottenne il Nobel nel 1908) al fungo atomico di Hiroshima sono passati appena una quarantina d’anni. E se nel 1980 il terrore di tutti era la guerra nucleare (ricordate film come The day after?) già a fine anni Novanta il mondo era tormentato da molto meno sensati «ecoterrori», a partire dal buco dell’ozono. Il Novecento è stato così, un secolo di accelerazioni brucianti, spesso partite dalla tecnica, dalla tecnologia, che hanno costretto intellettuali e politici ad una affannosa rincorsa. E in esempi di questo ritardo strutturale è facile imbattersi in ogni campo: i generali pensavano alle trincee quando ormai la guerra era blitzkrieg o alle strategie per prendere il «Passo di Fulda» quando i conflitti erano già diventati asimmetrici. La politica internazionale era sintonizzata sull’appeasement quando ormai i totalitarismi ideologici stavano ormai rapidamente puntando verso il conflitto totale. E mentre la gente si arrampicava sul Muro di Berlino i palazzi del potere erano ancora sintonizzati sulla Guerra Fredda. Non facciamogliene però una colpa: il Novecento è un signore con la bombetta che, nel 1977, è costretto a sedersi in metropolitana di fianco a un punk con un metro di cresta. O un grande giornalista che continua battere sulla macchina da scrivere mentre l’informazione viaggia su Internet. Insomma, è il secolo della relatività.

Non per la teoria di Einstein ma per la frantumazione della società sotto la spinta di un’accelerazione degli eventi divenuta incontrollabile. Come stare dietro a tanto cambiamento? Studiandolo. Istantanea per Istantanea.

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