L'eleganza mi piace ma guai a imporla

Oggi trionfa la sciatteria, la volgarità sembra essere diventata di moda, l'eccesso è dilagante

L'eleganza mi piace ma guai a imporla
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Gentile Direttore Feltri,
Lei è un uomo particolarmente elegante e ho letto qualche sua intervista nella quale dichiarava di essere molto attento ai dettagli e di apprezzare le donne ben vestite, che non eccedono, magari indossando gonne troppo corte, abiti troppo scollati o tacchi troppo alti. Quindi mi sto chiedendo se condivide le regole stabilite dagli organizzatori del festival di Cannes relative al dress-code da adottare sul tappeto rosso: non bisogna andarci troppo scoperte. Una scelta di eleganza o una imposizione intollerabile?

Sofia Conti

Cara Sofia,
è vero, non soltanto curo il mio stile e la maniera in cui mi presento agli altri, persino quando mi trovo in casa mia, ossia tra i miei familiari, ma presto attenzione anche alla maniera in cui la gente, sia uomini che donne, veste, cammina, si muove. Qualche decennio addietro indossare la giacca e la cravatta o abiti ben fatti, dal taglio sartoriale, puliti, profumati, perfettamente stirati, costituiva una forma di rispetto verso gli altri e anche verso se stessi. Oggi trionfa la sciatteria, la volgarità sembra essere diventata di moda, l'eccesso è dilagante. Trovo odiosi, ad esempio, i jeans strappati, quelli che conferiscono quell'aspetto disperato a chi li porta, come se questi fosse stato appena aggredito da un branco di lupi o da un gruppo di pantere, riuscendo miracolosamente ad uscirne illeso. Fosse per me abolirei certi capi o accessori, come lo zaino, che sempre più di frequente gli uomini hanno sulle spalle, le scarpe da ginnastica, i tacchi che paiono trampoli, le gonne quasi inesistenti, le scollature vertiginose. Ma di sicuro non mi sognerei mai di dettare a chicchessia regole su come vestire. È un fatto di libertà. Inoltre l'eleganza non si può imporre con la forza né la sua assenza può essere punita. O c'è o non c'è. Ognuno deve potersi esprimere liberamente anche attraverso ciò che si infila. Ecco perché non posso assolutamente condividere la decisione di prescrivere obblighi e norme su cosa indossare e cosa non indossare per partecipare al festival del cinema di Cannes. Peraltro si tratta di una manifestazione artistica, dove ancora di più certe libertà dovrebbero essere salvaguardate e non soffocate, dal momento che l'arte stessa non è che emancipazione, redenzione e riscatto da tutto ciò che sopprime chi siamo, essa è libertà di essere. Leggo in questa scelta, ossia quella di stabilire un dress-code che vieta di fatto la carne scoperta, una regressione culturale ed etica, un salto indietro nel nostro Medioevo, la pretesa di ripristinare, come è stato detto, la decenza, come se uno spacco troppo profondo fosse osceno e indecoroso e potesse comportare l'arresto da parte della polizia morale, cosa che accade in determinati regimi islamici, dove le donne vengono punite e addirittura torturate, stuprate e infine ammazzate se non portano correttamente il velo. Ci stiamo forse ispirando alle autocrazie islamiche? È questo il modello di noi occidentali? Adesso ci scandalizza la pelle nuda? Oggi è indecente scoprirsi e vengono poste tali regole, domani potrà essere forse reato? Il primo passo è compiuto.

Sì, Sofia, apprezzo l'eleganza ma non sacrificherei mai per questa la libertà, quella libertà che ci siamo conquistati e che è posta alla base della nostra civiltà e dei nostri ordinamenti giuridici. Libertà anche di essere brutti, se è il caso, vestiti male, succinti, pacchiani, inguardabili. Nel momento in cui un gruppetto di moralizzatori stila un regolamento di questo tipo, evidentemente ritenendo che sia legittimo ordinare ad una donna di non andarsene in giro troppo nuda perché sembrerebbe una sgualdrina, pena l'allontanamento forzato, c'è da preoccuparsi. Se fossi stata una star, avrei disertato il tappeto rosso o mi sarei ribellata coprendo con la stoffa soltanto l'essenziale.

E poi chi ha il compito di determinare se i centimetri di pelle esposti all'aria sono troppi? Esiste una unità di misura? Sono stati fissati dei parametri, e da chi? È tutto basato sulla sensibilità della persona deputata a compiere tali verifiche volte a valutare il grado di decenza della fanciulla che si accinge a sfilare davanti a fotografi e paparazzi? A chi è stato delegato il potere di giudicare una donna decente o indecente?

Tutto questo profuma tanto di estremismo, di oscurantismo, di moralismo esasperato. In una sola parola, di islamismo.

Ricordo che c'è una parte di mondo dove le donne muoiono

per affermare e difendere la libertà del loro genere di vestire come gli pare. Alla luce di ciò, che in quest'altra parte di mondo alle signore venga ingiunto come abbigliarsi, esortandole a coprirsi, è la vera indecenza.

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