C’è un via vai da non crederci. Attori che cantano e musicisti che recitano. Dal set al rock e viceversa, siamo nell’epoca della mobilità, dopotutto: ecco la generazione dei divi multitasking, spesso grandi da una parte e piccolini dall’altra ma comunque sempre coraggiosi e pazienza se talvolta sono figuracce di brutto. Insomma, giusto l’altro giorno Jeff Bridges ha confermato che tra poche settimane pubblica per Blue Note (come a dire la Bulgari della discografia) un album di brani tutti suoi, prodotti da T Bone Burnett e così convincenti che persino Roseanne Cash, figlia di Johnny e non proprio generosa nelle sue collaborazioni, ha accettato di duettare in un brano.
Insomma, come diceva l’altro giorno Hugh Laurie, che ha dovuto prendere un bastone e imparare a zoppicare in Dr House Medical division per diventare davvero famoso in tutto il mondo: «Ah, se avessi avuto il coraggio di fare solo il musicista invece che l’attore». Non l’ha fatto ma questa settimana è al numero due della classifica inglese con Let them talk, blues purissimo, fin troppo.
Già, sapete che c’è: adesso gli attoroni non fanno più dischi cheap, mica pop che viene via con poco giusto per togliersi lo sfizio e andare in classifica. A parte Jennifer Lopez che quatta quatta è tornata con una mitragliata di dance finalmente dignitosa (l’album è Love?, il singolo è quello che campiona la lambada, On the floor), gli altri si danno un tono tipo Scarlett Johansson. Insomma, sul set ci va solo se a dirigerla sono Woody Allen o Brian De Palma e pure in studio di registrazione non si fa mancare nulla: adesso è al lavoro sul terzo disco, ma il primo è stato dedicato a Tom Waits e il secondo ai duetti di Serge Gainsbourg con Brigitte Bardot.
Mica come Juliette Lewis che, dopo Cape Fear e forse per colpa della disastrosa relazione con Brad Pitt, ha scelto il punk duro e puro, cambiando del tutto mestiere: ha inciso qualche disco, fatto centinaia di concerti e collaborato qui e là fino ad apparire persino nell’ultimo disco degli italiani Quintorigo uscito a gennaio, English garden. Lei ha le idee chiare, più chiare di Gwyneth Paltrow che, forse per emulazione del marito Chris Martin dei Coldplay, per anni ha detto di voler incidere un disco country e solo l’altro giorno ha detto che no, non se ne parla proprio. Probabilmente invece Nicole Kidman lo farà. In fondo ha una bella voce (merito anche della vocal coach Mary Setrakian che le ha insegnato tutto per il film Moulin Rouge!) e ha anche già duettato con Robbie Williams in Something stupid: però non si decide e c’è da capirla, visto che da Russell Crowe fino a Kevin Costner per non parlare di Woody Allen, non è che gli attori che fanno il doppio lavoro meritino sempre applausi, anzi. Robert Downey jr, ad esempio: il suo disco The futurist non è stato un successone e neppure lo sarà il disco di preghiere di imminente uscita, Prayer Cycle 2: Path to Zero, al quale hanno collaborato anche Sting e Sinead O’Connor.
Roba troppo sofisticata. Forse per questo Tom Cruise, che si deve preparare al film Rock of ages, ha badato al sodo convocando il professore di canto di Axl Rose dei Guns N’Roses, non certo un tipino fino. Di sicuro gli opposti si attraggono: Tim Robbins, così raffinato e complesso sul set e così ruvido su disco, suona con la Rogues Gallery Band un robusto rockaccio alla Springsteen e Steve Earle. Dovrà sfogarsi. E forse pure le rockstar che si mettono a recitare hanno lo stesso scopo. Prendete Lars Ulrich, batterista dei Metallica, bravissimo e pure potente, ma non certo un intellettuale visto che ha debuttato con un (bellissimo) album che in italiano si sarebbe intitolato Uccidili tutti. Bene, tra poco lo vedremo in Hemingway & Gellhorn nel ruolo di Joris Ivens, il documentarista che lavorò con lo scrittore durante la Guerra Civile spagnola. Detto per inciso, nel cast ci sono Nicole Kidman, Clive Owens e Robert Duvall. Certo, chi non è granché come attore, ad esempio 50 Cent, i film se li produce da solo o, al limite, fa come i Daft Punk e ricambia l’apparizione componendo la colonna sonora (in Tron).
Ma chi invece ha qualcosa da dire, come Larry Mullen batterista degli
U2, debutta all’ultimo Festival di Cannes in Man on the train con Donald Sutherland. Sarà pure un po’ raccomandato ma ci vuole fegato oppure, quantomeno, quella sana voglia di non invecchiare sempre nelle stesse scarpe.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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