nostro inviato in India
Chi scrive è uno dei cinque giornalisti al mondo ad aver partecipato ad almeno una tappa dei tre grandi tour attraverso il pianeta organizzati dalla Ferrari. Ero presente in Cina, due anni fa, sempre al volante di una Scaglietti 612, nel Sichuan, il regno del panda gigante, la stessa regione sconvolta nei giorni scorsi dal terremoto (metto le mani avanti: il mio passaggio non ha nulla a che vedere con quanto è successo, sia ben chiaro); nel 2007 è stata la volta del Sud degli Stati Uniti, con una lunga tappa che da Houston, nel Texas, ha portato due 599 Gtb Fiorano a New Orleans (Georgia) e, dalla capitale del jazz con ancora aperte le ferite causate dall'uragano Katrina, fino a Miami (Florida).
Quest'anno, invece, è stata l'India a ospitare la carovana Ferrari. Una scelta non casuale, vista l'amicizia che lega Luca di Montezemolo a Ratan Tata, l'uomo più potente del Paese, nonché socio della Fiat. Ma c'è anche una seconda ragione, quella di preparare il terreno allo sbarco del Cavallino rampante, tra qualche anno, sul grande mercato asiatico e di consolidare l'alleanza fra Tata e Fiat. Ogni tappa è infatti coincisa con la visita al concessionario Tata della città che, oltre ai modelli indiani, propone al pubblico anche la torinese Palio Style.
Se dovessi fare una classifica sul Paese in cui guidare è veramente proibitivo, il testa a testa tra Cina e India è fuori discussione. Se nel primo caso il Codice della strada (ricordo che a Shanghai, in una mattinata, ho passato le visite mediche, sostenuto l'esame e ottenuto la patente cinese valida sei anni) è un optional, soprattutto quando si esce dalle città, dove almeno c'è un po' di controllo, in India - a tutto questo - bisogna aggiungere l'aggravante, per noi italiani, della guida a sinistra. E mentre in Cina i lavori per la realizzazione di nuove infrastrutture sono a buon punto, in India è l'opposto: il Paese è un cantiere enorme e, dove non ci sono i lavori in corso, le strade sono al limite della praticabilità con un'insidia dietro l'altra (buche e detriti di ogni genere; bambini, persone e carretti che spuntano da ogni parte; per non parlare degli animali: mucche, scimmie, cani, muli e perfino elefanti che ti si piantano improvvisamente davanti).
La tappa a cui ho partecipato - insieme al collega olandese Ton Rocks e alla cronista della tv di Taiwan, Liu Han Chu, accompagnata dall'operatore Wu Cheng En, subito soprannominato dal sottoscritto «Big Taiwan» per la sua mole e la velocità con cui «spazzolava» ogni tipo di cibarie - da Chandigarh, nel Nord dell'India, ci ha ricondotti a New Delhi dopo aver attraversato Dharamsala, Amritsar (al confine con il Pakistan) e Jalandhar: quasi 900 chilometri da percorrere in quattro giorni.
Con maglietta, cappellino, pantaloni comodi e scarpe mi sono così «sciroppato» al volante della Scaglietti 612 (quella beige) tre quarti dell'itinerario. A darmi il cambio, per consentirmi qualche ora di sonno, sono stati Gianvito Cisternino e Gabriele Lalli, rispettivamente membro dello staff tecnico e responsabile della spedizione, mentre nella prima parte della tappa ho condiviso l'esperienza con il numero uno di Tata Auto, Rajiv Dube.
La granturismo della Ferrari, superato il duro test cinese, anche in questa occasione ha dimostrato di essere una vettura che, alle doti «estreme», unisce quelle di un'auto che è possibile usare tutti i giorni e nelle situazioni più impensabili. L'unico accorgimento che si è reso necessario, viste le caratteristiche delle strade, è stato quello di «alzarla» di tre centimetri e di rinforzare il fondo piatto applicando un foglio spesso quattro millimetri di «duralluminio».
Motore V12 di 5.748 centimetri cubi e 540 cavalli di potenza, per una velocità di oltre 300 orari (mai raggiunti, ovviamente, la media infatti è stata piuttosto bassa: massimo 120 orari e spesso andatura quasi a passo d'uomo) cambio F1 al volante, un rombo da sballo, a contendere alla Scaglietti 612 il titolo di vettura più ammirata è stato, per la verità, anche il gigantesco truck Iveco, mentre la Fiat 500, ma solo nelle grandi città, ha incuriosito molto il pubblico giovane e femminile. Lavate e lustrate ogni sera, non ci sono state buche o voragini che hanno fermato le due Ferrari, salvo qualche inevitabile cambio di pneumatici. E dopo aver superato ostacoli di ogni tipo, evitato persone e animali, guidato nella notte (a proposito, lo sapete che in India è un'usanza, da parte degli altri viaggiare a fari spenti - come ricordava in Emozioni Lucio Battisti - o, se accesi, usare gli abbaglianti?), non poteva mancare l'incidentino banale che ti fa restare di m... Alla partenza di buon'ora dall'hotel, salutati tutti, avviato il motore con la rombata richiesta da chi ti sta attorno... pum! Il solito muretto invisibile e malandrino ha colpito ancora, con conseguente ammaccatura della parte bassa del musone. «Cose che capitano», mi rincuora subito Kluzer (già, ma quanto sarebbe costata a un comune mortale una riparazione del genere?).
La Scaglietti 612 ha sopportato il gran caldo (35-40 gradi), l'umidità (95%), la pioggia battente, il fango e le strade dissestate. Ha sfilato davanti a scenari mozzafiato (i capolavori di Le Corbusier a Chandigarh, città dove è vietato fumare ovunque, il «Tempio d'oro» dei Sikh, ad Amritsar), ha reso omaggio alla dimora del Dalai Lama nel villaggio tibetano di McLeod Ganj, a 1.750 metri sul livello del mare.
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