Roma - A tempesta, a pioggia, alla francese (con la lingua), all’eschimese (con la punta del naso), per l’ultima volta, da Giuda, ma baci, baci e ancora baci. Ce ne metterà tanti nel suo prossimo film («mai troppi», dice lui, fissando lontano con gli occhi nerissimi) Fausto Brizzi, sceneggiatore e regista romano classe 1968, che a luglio inizierà le riprese di «Ex», commedia corale prodotta da Fulvio Lucisano e pronta per il prossimo San Valentino («Non male andare nelle sale, quel giorno, con un film sulla gente, che non sta più insieme!», commenta il talentuoso ex-allievo del Centro Sperimentale di Cinematografia). Aria stropicciata, giubbetto marrone scuro da aviatore, jeans e barbetta da uno che non vede rasoio da giorni, il cineasta che fa della sceneggiatura di ferro il proprio punto di forza (ha scritto i cinepanettoni di Neri Parenti e fiction tv fortunate) ha appena rivisto «Terza C» (1953) di Luciano Emmer, il suo dichiarato maestro di leggerezza. E mentre al Cinema Farnese un pubblico attento sorrideva di tenerezza a ogni bacino in bianco e nero tra liceali d’altri tempi, casti epperò desiderosi, Fausto ripassava, dentro di sé, le inquadrature dell’erigenda sua commedia all’inglese, che annovera nel cast Vincenzo Salemme, Claudio Bisio, Fabio De Luigi, Massimo Ghini, Sabrina Ferilli (in un ruolo comico) e Carla Signoris. Squadra che vince, non si cambia: dunque, soggetto e sceneggiatura di Brizzi, Marco Martani e Massimiliano Bruno. Via dalle Notti, prima degli esami, 1 e 2, allora, fausta doppietta di Fausto? Ma certo: ora Brizzi è un autore, consacrato dal botteghino. E può, anzi, deve, permettersi di cambiare genere, intanto che lo ricopiano, come fanno i somari del Liceo Mamiani, deliziosamente descritti da Emmer oltre mezzo secolo fa.
Caro Fausto Brizzi, abbandona la commedia giovanilistica, per darsi a un nuovo genere, con «Ex»...
«Sì. Ero stufo dei miei cloni: in giro ne conto una decina e credo siano troppi. Persino io ho girato, in fretta, un clone del mio clone: Notte prima degli esami 2. È ora di cambiare, sono maturo per la commedia all’inglese».
Una commedia all’inglese? Per esempio?
«Penso a Love actually. Ma, soprattutto, a Quattro matrimoni e un funerale e a Notting Hill, con uno Hugh Grant strepitoso. Voglio far ridere, intrecciando diverse storie di ex, che si lasciano, si riprendono e si perseguitano. Sarà la commedia più sentimentale che io abbia mai fatto. E il film con più baci, in assoluto».
Per girare le sequenze dei baci, dato che ne promette una valanga, da topo di videoteca e cineclub, a quali precedenti s’ispira?
«Al bellissimo precedente del bacio romantico di Notorius, citato nel film di Tornatore, Nuovo Cinema Paradiso. Poi,la stretta tra Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, così intensa in Casablanca. Non a caso “Ex” comincia con una sequenza di baci. Poi, una scritta sovraimpressa dice: “Vari baci dopo” e inizia la narrazione delle storie finite. Io sono uno che studia tutto in dvd: al cinema, non si può più inventare nulla. Ma rivisitare, riprendere, quello sì. Penso a tanti baci classici, reinventati dai miei attori. Che sono la Nazionale della commedia italiana, in salsa british».
A parte il riso amaro di Paolo Virzì, che insiste sull’impegno, da noi, però, non si fanno commedie brillanti, dove si ride, ma con un certo stile...
«Perché delegare il genere agli inglesi? La commedia inglese, ricca di umorismo secco, è innanzitutto ben scritta. E punto molto sulla scrittura, stavolta in particolare. Poi, ci sarà una fotografia smaltata e ambientazioni sfarzose, tra Roma, Parigi e la Nuova Zelanda».
In “Ex” si parla di amori finiti e il finale non è consolatorio: lei crede all’amore?
«Sono ottimista. Per me è questione di sincronia: bisogna essere cotti al cento per cento, in contemporanea. “Ex” comincerà anche con la dichiarazione d’un protagonista: “L’amore è una questione chimica, che dura due o tre anni, poi finisce”. Ma il film smentirà l’affermazione: tutti si rincorrono, per ritrovare certe emozioni, sebbene siano “ex”. Passata la prima attrazione chimica, dopo occorre disciplina: all’amore tocca lavorarci».
Il suo maestro Luciano Emmer sostiene che tra i suoi liceali e quelli che lei descrive, non c’è differenza: è vero?
«Quelli si telefonavano, con
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