Era così forte che i suoi avversari, quando vedevano la mala parata, lo prendevano a capocciate per spaccargli le sopracciglia. È entrato nella storia del pugilato anche per questo Bruno Arcari, il campionissimo, il boxeur che aveva un sinistro leggendario, una guardia destra da invidia. Bruno Arcari, campione europeo e campione del mondo, antidivo per eccellenza, oggi casalingo felice e orticoltore, domani compie 70 anni. E sono i 70 anni di un mito. Piccolo, leggero, la pelle delicata segnata come la corteccia dun olivo, non ha mai concesso nulla allo spettacolo della boxe. Concreto, ha combattuto 73 volte da professionista e ha vinto 70 volte: titolo mondiale Wbc nel 1973 nella categoria welters, titolo europeo.
Titoli italiani ottenuti in combattimenti senza storia: perché Arcari è stato tra i più grandi pugili italiani di tutti i tempi e adesso è felice nella sua Liguria così amata a coltivare lorto e a curar la casa. Si ricorda Bruno quando per fermarla la prendevano a testate? Ride, Arcari: «Eh sì, ho sempre avuto la pelle delicata sulle sopracciglia, si spaccavano subito. Appena si accorgevano che non cera speranza cominciavano le capocciate». Ma poi Bruno ha imparato a gestire le scorrettezze. E da quel momento non cè più stata storia. Nei filmati Rai di Archeosport, i match delle grandi battaglie sul ring: quella con Johann Orsolics, il 7 ottobre 1968, durante il quale Arcari «stese» oltre che il campione austriaco anche i suoi 15 mila tifosi, e quella celebre di Roma organizzata da Rino Tommasi, con il filippino Pedro Adigue, che gli portò il titolo di campione del mondo. Alla fine Pedro Adigue piega le ginocchia. Arcari lo sostiene sotto le ascelle, Adigue si rimette sulle gambe.
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