Piazza Maciachini, anche se dedicata ad un architetto, sembra il luogo dei progetti incompiuti o contradditori.
C'è una vecchia scuola allineata agli altri edifici, che guarda la piazza alberata senza avere un metro quadro di verde. Ci sono i grandiosi bomboloni dell'acquedotto, per i quali non si è deciso se farne una torreggiante scultura hi-tech o nasconderli con delle magnolie, troppo rade anche sperando nella crescita. C'è una aiuola in cui dovrebbero stare due filari di platani allineati a quelli dei viali, ma ce n'è uno solo. Da qualche anno questa «porta della città» (non si era detto di valorizzarla?), è un nodo del traffico: capolinea della MM3, tram, bus, e strada Comasina, una distribuzione un po' complicata e invasa di varie corsie, (che però funziona). Ora con «normale» ritardo si è realizzato, come giusto, un parcheggio interrato di interscambio tra auto e mezzi. Ma il parcheggio non è collegato in interrato al metro, né in superficie con le fermate di tram e bus. Non perché manchi la pensilina: ce n'è una , ma solo sul parcheggio, per coprire le uscite, e forse un futuro bar, dove si può aspettare che spiova per andare a prendere i mezzi. In più (o in meno) l'edificio è un capannone semindustriale di architettura veramente modesta; due piccoli corpi in mattoni sulle testate collegati da una lunga pensilina in lamiera su capriatelle bianche. Un oggetto paracadutato in un angolo senza riferimento dimensionale o materico alla piazza né al giardino che ci sarà dietro, e senza essere come poteva una innovativa architettura.
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