Bruxelles: ora l’Italia pensi alla crescita

RomaItalia e Belgio dovranno spalmare i loro deficit e riportarli sotto la soglia dei tre punti percentuali entro il 2012. Mentre gli altri membri dell’Ue che hanno sforato il paletto comunitario (Germania, Francia, Spagna, Austria, Olanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Portogallo) avranno un anno in più. Irlanda e Gran Bretagna avranno tempo fino al 2014. La Commissione europea ha confermato le indiscrezioni dei giorni scorsi sulle raccomandazioni agli stati membri. Il commissario agli Affari economici e monetari ha accontentato alcuni e scontentato altri.
Le richieste dell’Irlanda sono state accolte. Anche Parigi aveva chiesto di inserire la Francia tra i paesi che devono rientrare nel 2014, visto che per il 2010 è previsto un rapporto deficit-Pil del 10 per cento e sarà difficile riassorbirlo in soli tre anni.
Il commissario Joaquin Almunia ha spiegato che il taglio dei deficit, gonfiati dalla peggiore crisi economica dalla Seconda guerra mondiale, è necessario per impedire un aumento dei tassi di interesse nel lungo termine che potrebbe provocare un incremento dei costi sul debito per tutta l’Unione. E ha difeso l’agenda che si è dato l’esecutivo di Bruxelles. «Ritengo le scadenze proposte siano appropriate e realistiche».
L’Italia non ha mai chiesto sconti e ha anticipato le richieste Ue in tutti i documenti ufficiali fin dalla finanziaria dello scorso anno che prevede il rientro nel 2012. Per una volta l’Italia non è nella lista dei cattivi, se non per il problema storico del debito pubblico. Tanto che la commissione agli affari economici ha spostato la lente dalle finanze pubbliche del Belpaese a un problema tipicamente post-crisi quale è quello della crescita. Dell’Italia, per Almunia, preoccupa «la bassa crescita potenziale», con un Pil fermo ai livelli di dieci anni fa. Rispetto ad altri, serviranno «aggiustamenti limitati» per riportare il deficit sotto la soglia del 3%. Bisogna quindi mettere mano alle persistenti debolezze strutturali della nostra economia. «Non mi stancherò di ripetere ogni volta che si parla di Italia che questo è anche il Paese che nella Ue ha perso più produttività negli ultimi anni», ha sottolineato Almunia. Il commissario Ue ha preferito invece non pronunciarsi sull’opportunità in questa fase di eventuali tagli delle tasse, Irap in testa, e su quella di destinare una parte delle entrate provenienti dallo scudo fiscale a obiettivi non legati al risanamento dei conti.
Sempre sul fronte europeo, ieri il ministro alle politiche Europee Andrea Ronchi è andato a Londra dove ha incontrato il collega britannico Chris Bryant. Tra gli argomenti trattati anche quello che riguarda l’introduzione del «made in» nell’Unione europea.

Un marchio per individuare le merci prodotte fuori dall’Unione, che è avversato proprio dall’Inghilterra, paese con poco manifatturiero e molta delocalizzazione. A Londra Ronchi avrebbe raccolto una cauta disponibilità.

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